Al carcere Dozza di Bologna un cane farà visita al suo padrone, il commento della Cinti

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Londra – In occasione della “festa della famiglia” che si svolgerà dal  26 novembre al 1° dicembre, un detenuto rinchiuso in una sezione tra le più dure del penitenziario potrà ricevere, insieme ai parenti che verranno a colloquio, anche il suo cane.

La Direzione ha acconsentito alla richiesta, a seguito della compilazione dell’ apposito modello prestampato 393, ma in effetti si tratta di una risposta positiva “in via del tutto eccezionale”, tanto più che ci si è subito preoccupati  che tale pratica possa essere presto seguita in tante altre situazioni in ambito carcerario. Che non sia una prassi comune quella di accogliere cani in carcere è una certezza, e nello specifico della realtà bolognese non si ricordano casi simili di cui raccontare.

L’ex Responsabile dell’ Istituto penitenziario di Verona, Antonio Fullone, riporta che nel 2011 successe un fatto analogo, e a tal proposito il suo convincimento è che notizie come questa emergano, poichè ” vanno fatte conoscere, non nascoste”. Egli difende  l’idea che tali autorizzazioni vengano rilasciate, in quanto susciterebbero, come è già avvenuto, positive reazioni tra gli osservatori esterni, e in casi simili è stato di fatto accertato che  un cane può anche cadere in depressione a causa della lontananza prolungata del proprio padrone. Le parole di Fullone includono pertanto un discorso legato all’affettività della quale tenere conto, e che certo riguarda pure l’accoglienza di animali domestici in carcere. Conclude poi dichiarando che “una pubblica amministrazione deve evolversi, dove possibile, anche in questa direzione”.

Luana Cinti, esponente dell’ Italia Dei Diritti e vice responsabile per l’ Emilia Romagna dichiara: ” Prassi sicuramente non comune e probabilmente anche poco considerata questa di permettere ad un detenuto di ricevere la visita del proprio animale domestico all’ interno delle mura del carcere, ma è pur vero che i casi isolati di cui recentemente si apprende notizia paiono aver sortito reazioni positive, nonostante si parli di consensi accordati eccezionalmente e in fondo lungi dal divenire terreno di confronto concreto sul tema. Al contrario, ciò non esclude che  proprio tali esempi possano dar vita ad una riflessione più attenta, che si preoccupi di concepire e osservare  l’ esistenza di un detenuto da un diverso punto di vista, tenendo conto di nuovi elementi e modalità che favoriscano spazi di maggior affettività e certamente di serenità che non possono essere drasticamente ridimensionati o semplicemente elusi. Più che preoccuparsi di non diramare eccessivamente la notizia, relegandola quindi a qualcosa di raro che difficilmente troverà altri riscontri, sarebbe magari più opportuno abbandonare i timori e considerare tale pratica un possibile costruttivo aspetto a tutela delle relazioni affettive di coloro che vivono in carcere, rendendole appunto complete ed inclusive, esattamente come può essere l’iniziativa bolognese della “festa della famiglia” e non solo. Tener conto dei pochi ma significativi precedenti di visite in carcere di animali domestici di cui abbiamo testimonianza, è parte integrante delle valutazioni che si potranno condurre per incentivare un confronto relativo alla formalizzazione delle autorizzazioni, tempi e criteri, senza mai dimenticare la priorità di difendere i diritti dei detenuti in quanto persone”.

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