L’Europa non smentisce la sua origine di “Stati nazionalisti”

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Sotto sotto ci credevo nella candidatura di Massimo D’Alema a alto rappresentante per la politica dell’Unione Europea. Ci credevo, anche se si faceva strada il sospetto che i vari rappresentanti degli Stati dell’Unione avrebbero mandato assai male giù il fatto che D’Alema era stato (e in un certo senso lo è anche ora) un uomo di spiccate tendenze politiche che si richiamavano al vecchio partito comunista. Un cartello difficile da rimuovere, anche se la geografia politica del continente vecchio era notevolmente cambiata negli ultimi ani.

Difficile da digerire, anche se dalla sua parte c’era l’attenuante che era stata Presidente del Consiglio e che aveva rappresentato l’Italia al mondo per un certo periodo di tempo, nonostante che Prodi (il suo predecessore) non avesse del tutto digerito il cambio della guardia. Uomo di Stato dunque? L’Italia aspettava questo riconoscimento che puntualmente non è arrivato. D’Alema, studente universitario modello della Normale di Pisa, non ha superato l’esame. E me ne rincresce. Non foss’altro perché l’Italia aveva un’occasione (come era stata prima sempre per Prodi) di piazzare un suo cittadino ai vertici della politica del continente. Ma me ne dispiace anche per tuta una seria di motivi che elencherò e che mi fanno arrivare alla conclusione che questa Unione Europea non funziona come  tutti (o la maggior parte degli osservatori) si attenderebbero.

Intanto, presidente del Consiglio europeo è il belga fiammingo Herman Van Rompuy e l’inglese Catherine Ashton è vice presidente e alto commissario agli Affari Esteri, (il ruolo che si attendeva  D’Alema) dell’Unione. Saranno, dunque, loro un belga e la baronessa inglese a rappresentare l’Europa nei consessi mondiali, a rappresentare 27 nazioni e mezzo miliardo di abitanti. Loro insieme a Cina e America.

L’avremmo accettata questa candidatura se i personaggi individuati erano di primo piano come Tony Blair, invece la designazione ha colto di sorpresa anche gli stessi commentatori stranieri: vuol dire che i personaggi individuati non sono personaggi di spicco, come se si fosse intrapreso il cammino di non voler mettere sui posti di comando dell’Ue uomini che avrebbero potuto con la loro leadership “offuscare” in un certo qual modo la loro stessa figura. Uomini di posizioni arretrati, le secondo file, paiono. Cioè i spiego ancora meglio: quando Obama dovrà avere un contatto con l’Europa, telefonerà a Herman Van Rompuy o a Angela Merkel? Scriveva ieri Avvenire: “Il fatto certo è che né alla Francia né alla Germania piaceva la candidatura di Tony Blair alla presidenza stabile: troppo vistoso, troppo carismatico, in una parola troppo ingombrante. Agli inglesi però si doveva concedere qualcosa in cambio di un via libera sulle nomine dei commissari che contano. E allora ecco spuntare la candidatura della signora Ashton, premiata anche perché donna e perché inglese.”

E allora, signori non ci siamo. Non è con questi passi che si può costruire la nuova Europa. Non è seguendo questi schemi che puzzano lontano un miglio di nazionalismo e di spirito nazionalista che si ostruisce l’unità del vecchio continente.

E ancora: il “povero” D’Alema appare “scaricato” dall’Internazionale Socialista che per un primo tempo aveva dimostrato di appoggiare la sua candidatura. Successivamente messo da parte per non “scontentare” Londra. Non appare evidente il filo rosso che unisce Berlino-Parigi e Londra che appaiono sempre più desiderosi di essere loro al comando dell’Unione? Il governo italiano ha fatto la sua parte fino alla fine, ma che altro poteva fare se non sostenere strenuamente l’ex dirigente del Ds? Insomma la “vecchia” politica che sostiene un’idea nuova per l’Europa. Non mi sembra che sul caso D’Alema tutto si sia svolto nella maniera più genuina possibile. O siamo noi degli irriducibili sognatori?

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