De profundis del libro in cartaceo, mentre si sviluppa il bebook mini

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Che cosa resterà della nostra memoria numerica? intitolava l’altro ieri Le Monde. Domanda retorica che contiene già la risposta. In poche parole non resterà quasi niente, perdurando questa accelerazione  tecnologica imposta alla nostra società. Un’accelerazione  che porta a fare davvero dei salti mortali, per restare al passo con le novità: la modernità del Ventunesimo Secolo. Ma sarà tutto oro quello che luccica, quello che ci viene costantemente propinato?

E’ presto per dirlo, per il momento fermiamoci alla constatazione che ci troviamo a vivere un momento storico del modo,  delle forme e dei mezzi di comunicare. Tano per fare alcune comparazioni il nostro momento è tale a quello che si è vissuto attorno ai primi anni del Quattrocento con l’invenzione della stampa, laddove si verificò il passaggio del tipo di scrittura amanuense dei buoni e bravi religiosi che chiusi all’interno dei loro chiostri, conservati nei loro “scriptoria”, pazientemente ricopiavano gli antichi codici con cui si trasmetteva il sapere antico. La stampa rivoluzionò e cancellò una volta per tutte questo mondo, affidandoci questo al quale siamo cresciuti noi e che noi adesso ne cogliamo la fine.

Per restare ancora in tema, mi riferisco sempre all’articolo de Le Monde nel quale si apprendeva che “una nota società americana esperte in telematica” (Google, n.d.r) era stata condannata dal tribunale parigino a sospendere la pratica di mettere in rete dei testi, dei libri senza aver l’autorizzazione né da parte degli editori di questi (anche se alcuni volumi risalivano a secoli scorsi) né tanto meno da parte degli autori (o dei loro eredi). Naturalmente infliggeva anche una multa (pari a diecimila euro al giorno), se non si fosse attenuta a queste normative.

Sì, perché internet e l’universo racchiuso al suo interno avrebbe completamente sostituito (ma fino a quale punto?) l’archivio o le biblioteche più attrezzate per lo studioso che intendesse condurre una qualsiasi ricerca su un fatto, avvenimento storico o opera letteraria. E’ vero che il giornalista faceva altre considerazioni sul tipo di garantire i diritti di pubblicazione agli autori e agli editori che in questo caso specifico della trasposizione del libro in rete non sarebbe stato salvaguardato, ma è altrettanto vero che non si può procedere a una simile operazione senza che gli autori non ne siano informati e se c’è un guadagno non si dovesse provvedere alla quota spettante a chi aveva mosso per primo quella determinata ricerca.

Ma c’è un altro passo che occorre compiere oltre a questi citati. Mi riferisco all’esperimento che si sta effettuando nella editoria nazionale e internazionale. Si legge e si vede in giro che presto il libro in cartaceo sarà sostituito da quello telematico (il BeBook Mini), dove la circolazione e la consultazione sarà più celere e veloce, dove sarà ottenuta una migliore diffusione del prodotto, dove sarà possibile una superiore distribuzione e circolazione di idee. Insomma il libro con le sue caratteristiche pagine che siamo abituati a sfogliare sentendone l’odore anche della stampa e quel caratteristico, classico rumore del foglio che si piega sotto le nostre dita, sarà presto un ricordo sostituito da sempre il nostro polpastrello che toccherà uno schermo e girerà la pagina con la semplice pressione del dito.

Non mi stupisce la cosa se si pensa alle nuove generazioni e al tipo di contatto che essi hanno con la carta stampata: usano praticamene quasi tutti il cellulare di nuovissima generazione, sanno come si fa a registrare (si servono dell’emmp3) una data informazione (canzonetta, musica, sms ecc.). Perché ci meravigliamo se l’industria è orientata a escogitare prodotti in questo senso? Come i biglietti classici di natale che quest’anno sono precipitosamente crollati rispetto alle moderne tecnologie così ci dobbiamo attender che anche il libro stampata dalla casa editrice presto sarà sostituito. Con che cosa. Con il formato telematico: e la biblioteca, e il nostro archivio. Non penso che la nostra generazione assista al de profundis del libro stampato: esso continuerà, come sono continuate le forme (penso alla ricopiatura a mano di capitoli  di testi di studio, all’università per risparmiare sulle fotocopie o dinnanzi a un divieto di fotocopiatura di un volume che si voleva conservare nel migliore dei modi) che hanno accompagnato l’uomo nel suo lungo cammino sulla terra, così continuerà la storia del libro, ma è anche indiscusso che le case editrici hanno fatto in modo che esso non si evolvesse ma che invece restano nel pantano della mediocrità. Pensate solo ai titoli dei libri che uscivano una trentina di anni fa e agli autori che erano sulle bancarelle e confrontateli con quelli di oggi per avere un’idea di quanto è successo ultimamente. Le grandi case editrici non hanno fatto nulla per incoraggiare e sostenere la cultura: sono semplicemente andate dietro al guadagno immediato che rappresentava la pubblicazione di un libro (nella maggio parte dei casi melenso e insulso) di quel personaggio che avrebbe sì venduto ma solo per la ragione che era un personaggio televisivo seguito da milioni di spettatori.

Insomma la rivoluzione è iniziata, noi ne pendiamo atto aspettandoci di vedere tra non molto il libro di testo dello studente medio sostituito da un attrezzo, tipo cellulare, su cui saranno presenti i file dell’antologia, del volume di storia o di geografia oppure il manuale di fisica. Il futuro è iniziato e non è neppure tempo per dire “come era bello il cavallo prima che inventassero l’automobile”!

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