E’ mai finita la stagione delle tangenti in Italia? Sembrerebbe proprio di no: dopo lo tsunami che si è abbattuto prima a Milano e di conseguenza nel resto della nostra nazione 18anni fa, è ritornata una calma apparente. Le acque della controrivoluzione dei corruttori sono rientrate negli alveoli dove scorrono i fiumi dei denari sporchi. Le “bustarelle” hanno continuato a viaggiare, seguendo il loro corso naturale dagli imprenditori senza scrupoli agli uomini politici.
Vizi endemici della nostra Democrazia? Della nostra Repubblica? Sembrerebbe proprio di sì, se alla radice di tutto questo non ci fosse quella come dire “predisposizione d’animo” quella tendenza che è sempre stata dell’uomo quella sete mai sopita che è la cupidigia, sete di guadagno, la ricchezza, convinti come la società attuale ci propina da sempre che la felicità del’uomo consiste nell’avere (e non nell’Essere). Il grumo della corruzione, dunque, non ha mai cessato di funzionare, neppure negli anni caldi dell’operazione “mani Pulite”, forse attenuato, ma il male ha persistentemente continuato a battere a espandersi.
Recenti gli episodi che vedono ora (come allora) al centro dell’attenzione il capoluogo della Lombardia, Milano. Camillo Pennisi, consigliere comunale del Pdl e presidente della Commissione urbanistica è finito al carcere di San Vittore perché colto con le mani nel sacco: aveva fresco fresco intascato tangenti per facilitare gli iter burocratici alle pratiche edilizie. Dunque Pennisi come l’ornai lontano Mario Chiesa di diciotto anni fa: la prima carta del mazzo a cadere dopo la quale, areazione tutte le altre. Fu l’inizio dell’operazione della magistratura milanese che è passata alla storia con il nome di Mani Pulite. E a Milano, le cosche mafiose hanno da tempo messo gli occhi addosso sugli appalti, in vista di quello che dovrà essere quel grande appuntamento cui guardano tutti e che è l’Expo 2015, mastodontica operazione di mercato e di affari che convoglierà e attirerà un vortice miliardario di denaro. E la macchina della corruzione è già in moto…
Come fare per arginare il comportamento? Continuare a andare avanti come se niente sia successo e stia accadendo? Far finta di nulla? O contro ripartire, contro reagire per (non dico sconfiggere e debellare il male che, date le caratteristiche, esso si anniderà sempre nei meandri del Palazzo del Potere) ma per limitarne la bramosia, la voglia spropositata di guadagno e di denaro.. perché il fenomeno non si è limitato alla sola Milano.
Scrive oggi Davide Milosa: “L’onda lunga della corruzione coinvolge anche la regione Lombardia. Ombre e sospetti si addensano su uomini della giunta presieduta da Roberto Formigoni, attualmente indagato per l’inquinamento in città. La vicenda è quella che fa capo all’imprenditore Giuseppe Grossi, il re delle bonifiche lombarde finito in carcere il 20 ottobre scorso con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla frode fiscale e alla corruzione di pubblici ufficiali. In sostanza i pm lo accusano di aver accumulato in paradisi fiscali oltre venti milioni di euro di fondi neri provenienti dagli appalti per le bonifiche. Nella rete giudiziaria ci finisce anche l’assessore Pdl alla provincia di Pavia Rosanna Gariboldi, accusata di riciclaggio. Ma non è finita: la Gariboldi, oltre a essere moglie di Giancarlo Abelli, parlamentare Pdl e capo della segreteria politica del coordinatore del Popolo della Libertà Sandro Bondi, fino a poco mesi fa risultava in società (imprese immobiliari) con due assessori regionali della maggioranza, vale a dire Massimo Ponzoni (Ambiente) e Massimo Buscemi (Sviluppo sostenibile)”.
Insomma una geografia abbastanza dettagliata della piovra su Milano. Ma non è finita così. Si aggiunge il caso di Bertolaso e la storiaccia delle intercettazioni telefoniche. E’ scoppiata questa bomba ed è subito andata in pasto alla stampa ch hanno trasformato l’uomo che si era impegnato nei maggiori casi di calamità naturali che avevano flagellato il nostro paese in personaggio ambiguo, corrotto, propenso ad accondiscendere per una notte di piacere in qualche alcova compiacente. Fango, dunque, addosso a un personaggio pubblico che si era fatto ammirare per il suo realismo e il suo pragmatismo.
E come reagisce il lettore, lo spettatore che ascolta e vede simile notizie? Le crede certe. Le crede reali. E da qui se ne fa un’opinione in base alla quale poi sceglierà o monterà il suo giudizio. E invece, se i nostri giornalisti (ma meglio i nostri investigatori) avessero effettuato le controanalisi, avrebbero accertato che le parole allora pronunciate e segnate al telefono corrispondevano al vero. E’ stata condotta un’indagine? Si è messo qualche agente alle calcagna di quel tale prete che doveva riscuotere la tangente o di quella bella Francesca che doveva donare le propri grazie? Temo di no, se nelle relazioni degli investigatori affiorano verbi come “sembrerebbe” “si crede” e così via: la verità non sembra, ma è. Dire la certezza, non l’opinione. Con questo do credito allo stesso Bertolaso quando dice che qualcosa deve essere successo, ci deve essere qualcosa di poco regolare, ma da qui a infangarlo ce ne corre. Anche se fosse stato davvero colpevole, allora sarebbe dovuto finire agli arresti e così non mi pare che sia avvenuto.
E’ abbastanza significativo che certe operazioni giudiziarie, investigative abbiano la luce della ribalta nel momento in cui la nostra Repubblica chiama al voto i propri appartenenti? Che sia semplicemente una coincidenza?