Roma – “A quanto pare non tutti i Troiani sono scemi, e quindi qualcuno per fortuna ha scoperto il trucco del cavallo degli Achei: i doni regalati dall’industria hi-tech, ovvero maggiore resistenza alle erbe infettanti, pesticidi e così via, non convincono soprattutto perché se confrontiamo i vecchi vantaggi, tutti da dimostrare, con i rischi connessi, il classico bilancio costi-benefici va a carte quarantotto”. Sceglie la via dell’ironia, Vittorio Marinelli, responsabile per la Tutela dei Consumatori dell’Italia dei Diritti, esprimendo il suo giudizio sulla decisione assunta dalla Commissione sementi geneticamente modificate di negare l’autorizzazione alla domanda di iscrizione al registro di un mais Ogm. Tale decisione rispecchia sia la posizione del ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Luca Zaia, sia il volere della Cia-Confederazione italiana agricoltori, da sempre fortemente contraria alle colture biotech.
“Non è superfluo ricordare – spiega Marinelli – come il principio precauzionale induce a passare dalla sperimentazione alla produzione solo quando esistono evidenze scientifiche difficilmente confutabili: nel caso di interventi sul Dna degli organismi le ripercussioni potranno essere valutate soltanto dopo generazioni e generazioni. Sono recenti episodi di cronaca che dimostrano come la contaminazione pestilenziale delle coltivazioni nel nostro Paese sia un serio rischio. Gli Ogm possono andar bene nelle sterminate praterie statunitensi, nelle pampas argentine o negli ampi territori canadesi, ma non certo in un paesino lungo e stretto come l’Italia che nell’arco di 50 km presenta già diverse varietà di broccoletti, fagioli, fagiolini, fave, ceci e cavoli. Pertanto – chiude sarcastico il rappresentante del movimento guidato da Antonello De Pierro – sembra che su questa scelta si possa essere tutti ottimisti in quanto, siccome spesso si dice che i politici non capiscono un cavolo, nel caso specifico il ministro leghista, da agronomo, il cavolo lo capisce”.