Gli scienziati comunicano, soprattutto per trasferire i risultati delle proprie ricerche al mondo produttivo e per dialogare con gli studenti. Coinvolgono direttamente il pubblico di rado, e soprattutto nei settori di maggiore attenzione sociale, come ambiente e salute. E’ quanto emerge dai dati di un’indagine condotta dal gruppo di ricerca “Comunicazione della scienza ed Educazione” del Consiglio Nazionale delle Ricerche all’interno della rete scientifica dell’Ente. I ricercatori ritengono che sia più utile comunicare con mondo produttivo, amministratori e politici, anche se questi ultimi sono coloro con cui è più difficile avere un dialogo. Infine, si sentono più compresi dal pubblico generico che dai mass media.
I risultati dell’indagine, condotta da Alba L’Astorina dell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (Irea-Cnr), sono stati presentati nel corso della giornata “Ricercare e comunicare: teorie e buone pratiche negli enti di ricerca”, che si è svolta nell’Area di ricerca Milano1 del Cnr. A fare da “osservatorio”sono stati gli stessi istituti del Cnr, ai quali tra il 2007 e il 2008 sono state poste domande relative alle modalità e agli obiettivi delle loro attività di comunicazione. Ha risposto il 60,5% degli istituti.
La maggior parte della comunicazione attivata (il 57%) è finalizzata alla diffusione dei risultati e alla divulgazione dei contenuti delle attività scientifiche, il 21% a stabilire contatti con il mondo produttivo tramite il trasferimento tecnologico, il 15% è diretta alla scuola. In minima parte (5%) la comunicazione è invece mirata alla partecipazione diretta del “pubblico”, limitatamente ai settori di maggiore attenzione sociale (ambiente e salute).
Il livello di consapevolezza dell’importanza della comunicazione è senz’altro alto. La maggior parte dei ricercatori intervistati la ritiene “necessaria” (oltre il 25%); molti la ritengono “utile” (20% circa) o “doverosa”, qualcuno ritiene sia “interessante”. Pochissimi la considerano “facoltativa” e nessuno “una perdita di tempo”.
I primi soggetti con cui gli scienziati ritengono sia utile comunicare sono il mondo produttivo e gli amministratori, entrambi indicati da circa un terzo del campione, seguiti da insegnanti, studenti e mass media. I politici sono i referenti con i quali risulta più difficile stabilire un dialogo; mentre i ricercatori si sentono maggiormente compresi dal pubblico “generico” (con cui è più “facile” parlare).
Un’altra indagine dello stesso gruppo di ricerca dell’Irea-Cnr si concentra invece sulla definizione di comunicazione della scienza data da coloro che, negli istituti di ricerca, se ne occupano o vorrebbero farlo. I fattori considerati più importanti sono: comunicare soluzioni scientifiche e tecnologiche di rilevanza nella vita di tutti i giorni (49%), trasferire conoscenze attendibili (47%) e aprire un dialogo con le diverse parti sociali (36%).
I dati indicano anche gli ostacoli incontrati nella comunicazione: il 48% dei ricercatori trova difficile esprimersi in modo chiaro e semplice, mentre il 44% accusa gli operatori dei media di imprecisione; meno sentita la percezione che il pubblico dei cittadini non sia preparato a recepire i temi scientifici (31%). Questo conferma che per i ricercatori è più facile comunicare con il cittadino “medio” che con i professionisti dell’informazione.
Le ricerche sono state presentate nell’ambito di una tavola rotonda su questi temi alla quale sono intervenuti addetti ed esperti di alcuni enti di ricerca italiani e stranieri (Tommaso Maccacaro, presidente dell’Inaf, Angela Pereira del JRC, Federico Neresini dell’Università di Padova, Chiara Pesenti del Politecnico di Milano e Giovanni Caprara del Corriere della Sera).