Gli slogan urlati a squarciagola dai dimostranti del Cairo, ma anche quelli di alcuni giorni fa sentiti e trasmessi dai mass media (la “rivoluzione dei telefonini e dei cellulari”, così è stata ribattezzata la sommossa dell’Egitto a causa delle immagini che sono state messe in rete e che hanno fatto il giro del mondo) hanno avuto un’eco anche tra gli spettatori italiani, tutti compresi nelle vicende interne del nostro governo e nella fattispecie nelle circostanze che vede interessato il nostro premier. La parola d’ordine era “Dimissioni”.
Che strano! Anche in Italia, naturalmente ‘mutatis mutandis’, una grande fetta di popolazione ha fatto (o lo farà molto presto, con la raccolta delle firme che dovrebbero raggiungere –almeno nelle intenzioni dei promotori dell’iniziativa- il numero di dieci milioni) sentire lo stesso slogan: dimissioni. I governanti facciano un passo indietro. E stranamente notiamo la stessa reazione a questa mossa in chi detiene il potere: come a Palazzo Chigi, così nelle sedi di governo dei paesi del nord Africa, la risposte è “no”. Ma disposti a trattare, per cambiare la situazione che ha fatto scoppiare le proteste di massa in quasi tutto il Maghreb africano, rimanendo però al proprio posto. Disposti alla trattativa, dunque. Il potere non cambia faccia. Sempre identico a se stesso, in qualsiasi latitudine e sotto qualsiasi sole o luna.
Sarà una settimana decisiva, quella che attenderà il premier: una prova che dovrà essere affrontata per far imprimere al governo un’azione propulsiva che finora abbiamo riscontrata inesistente. Elezioni sì? Elezioni no? Ecco il dilemma che dovrà essere sciolto. Ma questo è anche il periodo che, prima di far entrare il Paese in un clima elettorale, in cui si dovrà dar mano alle riforme, per evitare la paralisi della nazione e soprattutto per evitare che cresca l’onda della contestazione.
Un’esigenza di cambiamento, una richiesta di un colpo di reni da parte dell’esecutivo, per far decollare la nostra economia e dare soprattutto garanzie. Garanzie di lavoro, soprattutto per i giovani. Ecco che cosa ci si aspetta, in questa settimana. Ecco cosa desiderano i giovani e si aspettano dal governo, anziché essere informati delle frequentazioni muliebri a villa d’Arcore. Dare opportunità di lavoro. Per fronteggiare l’inflazione, per rispondere alla continua crescita dei prezzi di prima necessità. E ritorniamo ancora a quanto è successo in Egitto: la forbice tra povertà e ricchezza è cresciuta troppo e il divario tra chi ha risorse e chi invece non ne ha neppure per comprarsi il pane è diventato una voragine che ha coinvolto mote persone. Le rivoluzioni nascono sempre da una necessità oggettiva: questo lo abbiamo imparato dalla storia e adesso la rivoluzione maghrebina lo ripropone nuovamente al mondo. Un desiderio di democrazia; di partecipazione e di giustizia sociale.: non è forse anche il nostro grido che lanciamo in Italia, soprattutto in questo periodo?