La Corte europea con la sentenza del 06/09/2011 nel procedimento C-442/09, ha affermato che il miele non possa essere venduto se contiene polline proveniente da piante geneticamente modificate perché il miele, che contiene tali pollini, legalmente sono considerati alimenti geneticamente modificati in quanto sono destinati ad essere ingeriti dall’essere umano. Anche la minima traccia di materiale geneticamente modificato richiede una valutazione di sicurezza e un’autorizzazione. In tal caso la tutela della salute umana richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo dei rischi derivanti dall’immissione deliberata nell’ambiente di OGM..
Secondo la Corte la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale del mercato interno e contribuisce in modo significativo alla salute e al benessere dei cittadini, nonché alla realizzazione dei loro interessi sociali ed economici.
Pertanto conseguentemente, gli alimenti geneticamente modificati dovranno essere sottoposti a una valutazione della sicurezza tramite una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato.
Si legge nella sentenza, “L’art. 36a della legge in materia di ingegneria genetica (Gentechnikgesetz; in prosieguo: la «GenTG»), introdotto dalla legge 21 dicembre 2004 (BGBl. 2005 I, pag. 186), è formulato come segue:
«Il trasferimento di determinate caratteristiche di un organismo che dipendono da lavori di ingegneria genetica costituisce, così come eventuali altre immissioni di [OGM], un’alterazione sostanziale ai sensi dell’art. 906 del codice civile [Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il “BGB”], se, contrariamente alle intenzioni dell’avente titolo, a causa di tale trasferimento o altra immissione i prodotti, segnatamente,
1) non possono essere immessi in commercio, o
2) possono essere immessi in commercio, ai sensi della presente legge o di altre disposizioni, solo etichettati in modo da segnalare la modificazione genetica (…)».
Nel 1998 la Monsanto Europe, in attuazione della decisione della Commissione 22 aprile 1998, 98/294/CE, concernente l’immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810), a norma della direttiva del Consiglio 90/220/CEE (GU L 131, pag. 32), ha ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio del mais geneticamente modificato MON 810 La coltivazione del mais MON 810 è stata vietata in Europa che ha disposto la sospensione temporanea dell’autorizzazione all’immissione in commercio.
Il mais MON 810 contiene un gene del batterio del terreno bacillus thuringiensis (Bt), che secerne tossine Bt nella pianta di mais. Tali tossine consentono di combattere le larve della piralide del mais, una farfalla parassita del mais le cui larve, in caso di infestazione, pregiudicano lo sviluppo della pianta. Le tossine Bt distruggono le cellule dell’apparato digerente delle larve causandone la morte.
Del polline, raccolto dalle api e riposto in talune parti dell’alveare ai fini dell’alimentazione, può finire con l’essere incorporato nel miele sia accidentalmente, attraverso le api stesse durante la produzione del miele, sia tecnicamente, mediante intervento dell’apicoltore, per effetto della centrifugazione dei favi durante la raccolta del miele, che determina l’estrazione, oltre che del contenuto degli alveoli in cui si trova il miele, anche del contenuto di alveoli vicini destinati allo stoccaggio del polline.
Nel 2005, nel polline di mais estratto dal sig. Bablok dagli alveari posti a una distanza di 500 m dai terreni del Freistaat Bayern è stata riscontrata la presenza, da un lato, di DNA di mais MON 810, nella misura del 4,1% rispetto al DNA complessivo del mais, e, dall’altro, di proteine transgeniche (tossina Bt).
Peraltro, è stata rilevata in alcuni campioni di miele del sig. Bablok la presenza di esigui quantitativi di DNA di mais MON 810, derivante dall’immissione di polline di tale mais.
Secondo Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” le autorità italiane sono tenute a fare le indagini e poi, se dovessero trovare tracce di organismi non autorizzati geneticamente modificati dovrebbero ordinare il ritiro immediato dal mercato. È infatti è reato punibile ai sensi delle leggi che regolamentano l’ingegneria genetica commercializzare prodotti geneticamente modificati ove non espressamente autorizzati a seguito di procedure comunitarie.