Percepire il movimento prima di vederlo, pubblicato uno studio pisano sulla rivista Neuroimage

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Uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa, appena pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica NeuroImage, ha dimostrato che l’area visiva associativa del cervello denominata hMT+ riceve anche informazioni direttamente dal talamo, aggirando la corteccia visiva primaria.

Questa scoperta rivela che tale area, deputata alla percezione del movimento, risponde per prima e in maniera indipendente dall’attivazione della corteccia visiva primaria e conferma, quindi, quanto già da tempo ipotizzato dagli scienziati, ovvero che esistono connessioni alternative dirette tra i nuclei del talamo e le aree visive associative.

Un’ipotesi suffragata anche dall’osservazione clinica di individui che, divenuti ciechi a causa della distruzione completa della corteccia visiva primaria (ad esempio per un ictus), mantengono tuttavia la capacità di discriminare correttamente il colore o la posizione di un oggetto nello spazio quando sono forzati a scegliere tra due possibilità, fenomeno noto con il nome di visione cieca (blindsight, ossia la capacità del cervello di rispondere allo stimolo visivo senza avere alcuna esperienza visiva consapevole, in genere dopo alcune forme di danno cerebrale).

In natura la capacità di percepire rapidamente il movimento è fondamentale per la sopravvivenza dell’individuo. Il riconoscimento di stimoli visivi di movimento avviene in un’area del cervello chiamata appunto hMT+ nell’uomo (area V5 nei primati non umani). Quando ci guardiamo attorno, gli stimoli visivi che colpiscono la retina arrivano al nucleo genicolato laterale nel talamo, quindi raggiungono la corteccia visiva primaria (V1) e da qui, infine, giungono alle aree visive associative, compresa hMT+, ove il cervello forma la rappresentazione cosciente di ciò che abbiamo visto.

La ricerca pisana ha evidenziato che esiste una via di connessione alternativa. Con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) Anna Gaglianese, giovane dottoranda del laboratorio guidato dal Prof. Pietro Pietrini (nella foto), direttore dell’Unità operativa di Analisi chimico-cliniche specializzate dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, insieme ai suoi colleghi, ha infatti esaminato la risposta nel cervello di dieci volontari sani mentre guardavano diversi pattern di puntini che si muovevano sullo schermo (flusso ottico).

In aggiunta al percorso visivo classico, per il quale l’attività cerebrale parte dai nuclei genicolati laterali del talamo, arriva alla corteccia visiva primaria e infine raggiunge hMT+, lo studio pisano ha rilevato un’influenza diretta del segnale fMRI misurato nel talamo su quello registrato in hMT+, non mediato dall’attività in V1. Tale influenza indica l’esistenza di un percorso alternativo che collega il talamo direttamente a hMT+.

Inoltre, lo studio ha messo in evidenza una risposta precoce dell’attività di hMT+ rispetto a quella in V1, il che suggerisce l’utilizzo di questa via alternativa per la percezione ed elaborazione rapida degli stimoli visivi di movimento. “Questa via diretta, bypassando la corteccia visiva primaria – spiega Pietro Pietrini, psichiatra, ordinario di Biochimica clinica a Pisa – può giocare un ruolo fondamentale per la percezione rapida del movimento e può contribuire a spiegare la persistenza del riconoscimento inconscio del movimento, in individui che presentano una distruzione della corteccia visiva primaria, come accade nel fenomeno del blindsight”. Alcuni anni fa una ricerca dello stesso laboratorio pisano dimostrò che hMT+ si sviluppa anche negli individui ciechi congeniti ed è responsabile della percezione del movimento durante la stimolazione tattile sulla punta delle dita, sia in soggetti normovedenti sia in individui ciechi dalla nascita.

La ricerca è stata condotta presso il Laboratorio universitario di Biochimica clinica e biologia molecolare clinica dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana (Aoup).

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