Con l’acqua alla gola. Sono in molti a non farcela più con la slavina di debiti che si è abbattuta sulla testa dei piccoli e medi imprenditori, materializzatasi con ogni genere di tasse e balzelli da pagare. Il dato sconfortante (come diciamo in altra parte di giornale) è che è in crescita il fallimento delle proprie attività. Per trovare un altro metro di paragone alla crisi attuale, occorre sfogliare gli anni e andare indietro con la linea del tempo almeno a quattro anni fa. E poi (come se non bastasse), a ridosso di una tale situazione, c’è la perdita del lavoro. Non c’è quindi da stare allegri.
Ma non era stata erogata dalla Bce della liquidità alle banche italiane proprio perché si favorisse il prestito alle aziende che ne richiedevano i benefici al fine di evitare la bancarotte? O alle famiglie che non riuscivano a contrastare i debiti che su di loro si abbattevano a scadenza mensile? Che fine ha fatto questa opportunità riconosciuta dalla banca europea? Ci risponde Giandomenico Scarpelli da “La Voce.it” che negli ultimi anni, dopo l’inizio della crisi finanziaria, il volume di rifinanziamento erogato dall’Eurosistema alle banche dell’area dell’euro è notevolmente cresciuto, e di recente, con le operazioni di scadenza tre anni, ha superato pure la soglia record di 1.100 miliardi. L’utilizzo di questi fondi è diventato un argomento di confronto politico-economico: alcuni hanno sostenuto che buona parte della liquidità acquisita dalle banche è stata utilizzata per comprare titoli di Stato. Altri – osservando la notevole crescita del ricorso alla deposit facility dell’Eurosistema, attualmente intorno agli 800 miliardi – hanno dedotto che sia tenuta ‘al sicuro’ presso la Banca centrale, anziché prestata a famiglie e imprese. “Questa asserzione però – dice il sostituto del Capo del Servizio Operazioni di Banca Centrale – non è corretta. Infatti, indipendentemente dall’andamento del credito bancario all’economia e della domanda di titoli di Stato, nell’attuale situazione i depositi presso le banche centrali dell’area dell’euro non possono che essere così elevati”.
Fatto sta che, comunque la si consideri, l’attuale condizione costringe il cittadino a barcamenarsi in un dedalo di costrizioni che ne limitano notevolmente le potenzialità creative, sia dal punto di vista del lavoro, sia da quello di reperire o individuare altre strade per migliorare la propria condizione di vita. Nell’uno o nell’altro caso, c’è quindi bisogno di impegno finanziario e di liquidità, che oggi (purtroppo) non c’è. Come allora uscirne da una situazione a vite che ci stringe in cerchi sempre più concentrici? Serve ancora tirare la cintola come facevano i nostri vecchi, facendo ricorso all’autarchia dei beni di prima necessità (ritornare a coltivare la terra e ad allevare animali domestici)? Evidentemente no. E allora?
Occorre guadagnare la fiducia degli istituti di credito. Essere convincenti sulla ripresa e sulla volontà di poter riuscire a rialzare la testa e avere stabilità nell’ordinamento legislativo. Non si può continuare a far fronte costantemente a una situazione politica perennemente in fibrillazione con i partiti di minoranza che soffiano sul fuoco ella contestazione, sperando in tal senso di poter accrescere il loro consenso elettorale. Di critici e di soloni ne abbiamo avuti anche troppi. C’è bisogno di fatti. Di indicazioni reali. Di provvedimenti chiari e meno fumosi e meno generalisti che non vogliono colpire le caste dei lavoratori e dei patronati, ma che poi si riversano su tutti. E chiudo, rispolverando un tema a me caro e sul quale spesso ritorno.
Quello relativo al potere: chi è che decide, in ultima (o primissima, a secondo del punta di vista) istanza? Il Popolo sovrano indicato dalla Costituzione? Chi è in grado di determinare il lavoro? La gente comune?
Sempre più sfumato appare il contorno del “potente”, del “principe illuminato”, al punto tale da sfuggire a qualsiasi definizione e lo troviamo un po’ ovunque: negli apparati dell’alta finanza, nel mondo economico, nelle banche, nei potentati, nei management. E non è mai un singolo. Ma un sistema, una organizzazione, una casta, un gruppo unito saldamente tra i suoi componenti. Che si muove al di sopra degli Stati sovrani, in una forma universale di gestione e organizzazione che assomiglia sempre più a un impero di romana memoria, che a un sistema ispirato a principi cattolici. Agirà per il bene comune?