Che relazione ci può essere tra una partita di calcio (sia pure impegnata la nazionale di un Paese) con le sue elezioni politiche? Saremmo tentati nel dire: nessuna. Come dire che gli Italiani hanno fatto una ragione d’essere il rischio che, agli Europei 2012, due squadre pensino a confezionare a una terza un “biscotto” con l’intento di buttarla fuori dalla competizione sportiva. Non credo proprio. Specie nella giornata di oggi in cui i miei connazionali sono chiamati a pagare la prima rata dell’Imu, la tassa imposta dal Governo dei tecnici.
Non c’è nessuna attinenza, è vero tra un successo sportivo e il risultato delle urne. Eppure mi è venuto da pensare a questo quando, ieri sera, le agenzie diramavano la notizia secondo cui il partito dei conservatori e il Pasok avevano i numeri sufficienti per governare in Grecia. E i titoli dei giornali successivi in cui si metteva in evidenza che l’euro si affermava sulla dracma, come dire che passava la linea d’appartenenza all’Unione sul più dichiarato nazionalismo, sentito più che altro come un retaggio del passato anziché come una proposta costruttive del Duemila.
L’ho sentito come una forza del gruppo squadra la vittoria riportata sul rettangolo verde di gioco contro una titolatissima nazionale e forte com’è appunto quella ella Russia, la quale fino a quel momento aveva fatto strabiliare e gridare dai critici la notizia di trovarci alla vera rivelazione di questo campionato europeo di calcio. E’ bastato che un piccolo David insorgesse e credesse nei suoi mezzi, per mandare a casa un colosso del genere.
Quanto ha dichiarato la maggioranza del popolo greco la dice lunga sulla strada che dobbiamo percorrere insieme; è bastato questo risultato perché le borse, questa mattina, aprissero la contrattazione in positivo (segno che era quasi scomparso negli ultimi tempi), spread (questa formula così difficile da confezionare e capire che regola i giochi del mercato del denaro a livello internazionale) e si cominci a far viaggiare l’economia del continente sui programmi di ripresa e su quelli prepositivi, anziché lasciarsi pilotare dalla speculazione e dai guadagni basati sul tracollo finanziario di altri partners. L’indicazione forte che viene da Atene è che (posso aggiungere “finalmente”) la politica si è riappropriata del suo spazio, sconfiggendo la finanza e l’economia le quali, in uno stato moderno, devono collaborare ma non dettare leggi e stabilire strategie che invece competono alla politica, essendo espressione del popolo e non di settori o gruppi oppure di centri di interesse (leggasi banche) soggettivo e personale.
Una scommessa vinta, sia pure la più importante: ma adesso c’è la crescita che ci deve accompagnare in quest’estate caldissima a livello economico. Ci sono i giovani, ai quali bisogna garantire un posto di lavoro; ci sono gli esondati. Ci sono i lavatori in cassa integrazione. Poi, se non mancassero i problemi di natura economia, bisogna aiutare l’Emilia a riprendersi dalla catastrofe che l’ha investita. Insomma, gli argomenti non mancano sull’agenda del nostro governo; ma credo che, insieme e convinti dell’onestà dei programmi, possiamo riuscire ad aver ragione delle nostre difficoltà e riprenderci il ruolo che ci compete nel proscenio europeo. E non facciamo come siamo soliti comportarci: guardare gli altri con il timore che si alleino, per farci le scarpe. E’ una tecnica che veniva seguita, quando non avevamo gli argomenti e non avevamo idee da proporre. Oggi le abbiamo, per cui mettiamoci a lavoro.
Home RUBRICHE L'EDITORIALE di Luigi Cignoni Dalla Grecia il segnale della vittoria della Politica sull’Economia