L’informazione viene proposta oggi con sistemi vecchi, occorre snellire e ringiovanire

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Che l’Italia debba far qualcosa, per uscire da questa situazione, lo si è capito da dove meno te l’aspetti l’indicazione. E se viene da lì, significa che il dato è certo. Dagli Europei ultimi disputati nel vecchio contenente, con la finale alla quale la nostra nazionale si è presentata con le pile scariche. Il commissario tecnico Prandelli ha detto davanti ai microfoni di mezzo mondo che il modo di pensare italiano è vecchio, alludendo al fatto (forse, dico io) che i massimi organi che presiedono il nostro mondo del calcio non prestano eccessiva attenzione alla Nazionale, preferendo una politica più di club, essendo più redditizia che la rappresentativa azzurra. Concetto ripetuto dallo stesso presidente della Repubblica che ha voluto (promessa mantenuta, indipendentemente dall’esito finale del torneo) avere l’intero team azzurro al Quirinale, per ringraziarlo dell’avventura che ha donato agli Italiani. A un certo punto del discorso il presidente ha candidamente affermato di non sapere più se stava parlando della società che prende a calci il pallone o se invece alludeva all’intero Paese e alla sua economia che ha sempre più bisogno di sostegno e di iniezioni di fiducia. Come dire due mondi che si collimano e si integrano a vicenda, quello dello sport e della politica.
Come non dar ragione a tutto questo? Ma vorrei aggiungere un altro aspetto che si è posto all’attenzione dei critici negli ultimi giorni della settimana, ed è avvenuto in occasione della recente giudizio dei fatti del G8 che si sono consumati esattamente nella scola Diaz. Si è aspettato molti anni prima di arrivare a riconoscere la colpevolezza di chi ha disposto la sortita nei confronti dei giovani che stavano accampati in questo edificio. Una nottata di sangue che certo on ha fatto bene alla nostra democrazia e che ha gettato ombre e sospetti inquietanti, non solo su certi personaggi militari, ma anche sui vertici stessi dell’allora governo. La violenza non paga, sebbene questi ragazzi si fossero macchiati, durante i cortei, ma di atti vandalici perpetrati nei confronti di negozi, auto, vetrine e altre cose del genere. Insomma hanno scatenato la guerriglia urbana. Non potevano andarsene senza pagare il fio di quanto avevano fatto. Ma non è certo con la reazione violenta che i principi si affermano e si tutela la democrazia.
Oggi si grida allo scandalo perché la giustizia è arrivata così tardi, quando i protagonisti erano poco più che dei ragazzi e adesso sono uomini fatti. La circostanza mi induce a riflettere da un canto allora sul metodo sì della giustizia così lenta nel giudicare, dall’altro dall’informazione così come essa viene perpetrata e scodellata in faccia agli italiani dai maggiore mass media. E’ su questo tema che ritorno a quanto avevo affermato all’inizio: l’Italia è un paese vecchio. Perché non si sa proporre. E’ mai possibile che basta che ci siano alcuni giorni d’estate calda che subito vediamo scritto “Un’estate torrida” e si scomodo personaggi della mitologia classica per rievocare immagini d’inferno dantesco, alludendo al troppo calore. Basta poi che non piova per una settimana e i titoli si trasformano in siccità. Che cosa intendo dire? Che siamo troppo portati al catastrofismo, convinti (ma chi l’ha detto mai?) che se non c’è una tragedia, non c’è notizia. Su questo argomento si potrebbe filosofeggiare a lungo, ma in verità, andando all’osso dell’argomento, mi aspetto di avere un’informazione che sia tale e che non si regga, pur di fare audience, sulle tragedie umane, perché andando di questo passo, consegneremo un mondo alle nuove generazioni di pessimisti e di scettici sulle ripresa dell’umanità.

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