Genova – Otto imputati, otto richieste di condanna. Ecco l’ipotesi più verosimile per il processo per Elbopoli, quello nel quale lo Stato giudica lo Stato per gli abusi eccellenti, la corruzione, la concussione e il peculato che sconvolsero l’estate elbana del 2003, quello nel quale sono sul banco degli imputati personaggi come un giudice e due prefetti, un sindaco, un tecnico comunale, alcuni professionisti e imprenditori di rilievo assoluto. Il pubblico ministero Paola Calleri, che ieri ha parlato per altre sei ore, concludendo la quarta udienza di requisitoria, ha annunciato che non ce la farà a formulare le sue richieste neanche per la prossima udienza del processo, in calendario il 13 gennaio.
In un primo tempo, l’ipotesi prospettata dal magistrato inquirente parlava di quattro udienze dedicate alla requisitoria. La quarta è andata in scena ieri e ancora l’intervento del pm non ha concluso l’esame della vicenda relativa alla costruzione del residence «Le palme» a Cavo. Manca, dunque, questo spezzone finale della storia che riguarda il destino ipotizzato della vecchia discoteca Costa dei barbari, e poi quelli che la stessa Calleri ha definito «reati minori, minori non per importanza ma per la più contenuta complessità dei fatti contestati agli imputati». Si tratta di una presunta «tangentina» pagata ad alcuni assessori di Rio Marina, di un altro piccolo episodio di corruzione e del peculato contestato al prefetto per l’utilizzo delle auto di rappresentanza di palazzo del Governo, all’isola d’Elba e non solo.
Un fatto, questo dello slittamento della fine della requsitoria, che rischia di mettere a dura prova il calendario del processo stabilito nei mesi scorsi, secondo il quale il 15 gennaio dovranno iniziare a parlare gli avvocati difensori. E’ per questo che il secondo collegio giudicante della prima sezione penale del tribunale di Genova, innanzi al quale si svolge il processo, composto dal presidente Dagnino e dai giudici a latere Lepri e Panicucci, ha deciso di inserire un’altra data, dedicata anch’essa interamente alla requisitoria del pubblico ministero, in mezzo alle due già previste.
La questione ha sollevato un piccolo dibattito fra i legali che ieri hanno assistito all’udienza: a fine mattinata, quando i giudici e il pubblico ministero hanno fatto il punto della situazione, c’è stato anche chi ha pensato di poter risolvere il problema dei tempi chiedendo al pm di concludere entro la mattina del 15. Ma poi il collegio ha ritenuto opportuno agire con maggiore prudenza inserendo un’udienza aggiuntiva. La sera del 14 gennaio, dunque, sapremo quali saranno le richieste di pena avanzate dal pm che, come detto, si avvia a chiedere condanne per tutti, dal giudice Lamberti ai prefetti Gallitto e Pesce, passando per i costruttori Filippi e Giusti e per il sindaco di Marciana Logi, oltre al responsabile dell’ufficio tecnico dello stesso Comune, Mazzarri.
Il magistrato che, insieme al procuratore aggiunto di Genova Mario Morisani, ha portato avanti l’indagine, anche ieri ha dato prova di una straordinaria capacità di ricostruzione di tutti gli avvenimenti sui quali si basa il processo. Ciò che ha colpito anche molti degli avvocati difensori che hanno seguito le udienze di requisitoria che fin qui si sono consumate sono la minuziosità e la cura con la quale il pm sta mettendo in fila date, fatti e nomi, la selezione delle telefonate intercettate, alcune delle quali integralmente lette durante l’udienza, e la competenza ormai acquisita nel trattare argomenti estremamente ostici per chi tecnicamente non è un esperto, come quelli relativi all’urbanistica e al governo dell’articolatissimo territorio elbano. Da qui, anche la necessità di dilatare nel tempo la requisitoria, per rendere questi temi maggiormente comprensibili e per alleggerire il compito del collegio nel seguire il ragionamento del pm. «La fatica maggiore? Leggersi e rileggersi il piano regolatore di Rio Marina con le norme tecniche di attuazione», confessava il magistrato alla fine dell’udienza. Ancora un paio di settimane, poi toccherà agli avvocati replicare per cercare di dimostrare l’innocenza dei propri assistiti.
Luciano De Majo