Londra – La sera londinese trova me, il direttore Riccardo Cacelli e il fotografo Fred Portelli seduti in un pub.
Stiamo sorseggiando un te’ bianco, in linea con le abitudini dei nostri nuovi concittadini, la morsa del gelo stritola fino in fondo alle ossa, dunque un te’ e’ il miglior rimedio.
Guardiamo fuori dai vetri opachi, insieme alla sera cala un po di nebbia, ma in una città come questa si impara in fretta a non lasciarsi intimorire dalle condizioni climatiche.
Qua c’è talmente tanto da fare da scoprire da conquistare che non si resta mai fermi a lagnarsi.
Anche in questo amo questo paese più del bel paese,dove il tempo si sarà più piacevole,ma poi non riesci a godertelo perché non c’è più niente da fare.
Siamo qui dunque in attesa di un evento che ci rende privilegiati, intervistare il grandissimo cantautore siciliano Franco Battiato in occasione del concerto al Barbican, parte importante del suo tour partito da Gennaio 2013.
Tocca le maggiori città italiane e alcune capitali europee.
Presenta il suo nuovo disco “Apriti sesamo” lanciato in radio e tramite i mezzi di diffusione on line il 5 Ottobre 2012 con il brano Passacaglia adattamento del brano del musicista cinqucentesco Stefano Landi.
Usciamo dal pub, sarà l’emozione, ma il freddo non sembra pungere più come prima.
Ci avviamo al teatro entriamo in uno dei tempi inglesi dedicati all’arte,sia essa teatro danza film corsi e concerti.
Il Barbican è anche casa della London Symphony Orchestra.
Fantastica l’aria che si respira.
Come in ogni area destinata all’esaltazione dell’arte di cui l’uomo,non si offenda nessuno, è solo antenna ricevente, si è sospesi tra la sensazione che il tempo si sia fermato e una incredibile proiezione nel futuro impossibile senza l’operazione di tramando di questo linguaggio celeste.
Camminiamo spediti per i lunghi corridoi sobriamente arredati, scendiamo le grandi che ci portano all’auditorium dove si stanno ultimando le prove tecniche.
Entriamo e il colpo d’occhio è fantastico, sul palco seduto su una panca coperta da un tappeto,molto monacale, Franco Battiato sta ultimando le prove.
Ci presentiamo alla tour manager Rosanna che ci fa accomodare per assistere all’ultima parte del sound check.
Mentre la band e il fonico Pino “pinaxa” pischetola, lo stesso che in studio ha curato percussioni registrazione e missaggio, terminano il lavoro scende dal palco Franco Battiato.
La manager ci guida al camerino entriamo subito e Battiato ci accoglie molto cordialmente.
Bel camerino un divano due poltrone rosse e un pianoforte a coda nero.
Franco Battiato emana un’energia incredibile, infonde pace tranquillità.
Ci sediamo e mentre Fred Portelli inizia il suo lavoro fotografico noi cominciamo l’intervista.
Scruto un attimo l’uomo, l’artista, e mi accorgo di come siano la stessa cosa.
Ok gli chiedo quando sente che Battiato è diventato Battiato e risponde: ”Nel 1970. Stavo cantando ad una manifestazione canora il direttore d’orchestra sbagliò il gesto d’inizio. L’orchestra si divise in due, la sezione ritmica da una parte e gli strumenti melodici dall’altra. Si creò una sonorità come in un brano dodecafonico di Schoenberg, impossibile cantarci sopra. Traumatica esperienza che segnò la fine del percorso nella canzone melodica e aprì la via al periodo sperimentale anni ’70.Venni in Inghilterra e acquistai il VCS3 (sintetizzatore analogico ndr) primo in Italia ad averlo e ad utilizzarlo nell’album Fetus.”
All’epoca vennero venduti solo due modelli uno ai Pink Floyd l’altro proprio a Franco Battiato.
Periodo quello degli anni settanta prolifico e costellato di successi, nel’79 riceve il premio Stokhausen di musica contemporanea per il suo “L’Egitto prima delle sabbie”.
Non solo premi ma anche l’ammirazione di personaggi di grandissimo livello Stokhausen stesso lo invita a casa sua dove ci racconta Battiato vuole che canti un suo lavoro.
”Mi presentò – continua Battiato – questa partitura enorme ci volevano due paggetti per girare le pagine e voleva che cantassi, ma allora non conoscevo la notazione musicale, avevo imparato a suonare la chitarra da autodidatta e suonavo l’organo in chiesa, e così Stokhausen passò tutta la sera a dirmi come era importante che io studiassi e imparassi a leggere la musica.”
E poi ancora Frank Zappa: ”Mi inviò come regalo un paio di scarpe alate!”
Quindi tanti consensi dagli addetti ai lavori che hanno subito capito la grandezza di Franco Battiato.
Gli domando che importanza abbia avuto Giorgio Gaber.
”Mi scoprì nel 1964 al Club 64 locale dal quale tra gli altri sono usciti Cochi e Renato ed I Gufi. Produsse – ci ha detto Battiato – il mio primo lavoro discografico pagandolo di tasca sua. Abbiamo collaborato per un periodo poi le nostre strade hanno preso direzioni diverse. Siamo comunque stati ottimi amici.”
C’è molta pace serenità in Battiato artista eclettico che ama la sperimentazione, e lo si nota anche in lavori che ad un primo distratto ascolto si tenderebbe catalogarli come pop.
Ci si chiede un po’ come coesistano in maniera così naturale queste diverse tendenze musicali.
Ci dice: “La voce del padrone è indubbiamente il maggiore successo discografico” raccoglie infatti al suo interno alcuni dei brani che il pubblico chiede sempre Bandiera bianca, Centro di gravità permanente, cuccuruccucù.
“Ma – continua Battiato – fare canzoni di musica leggera non è stato un cambiare direzione rispetto alle cose di ricerca è semplicemente l’utilizzare diversi linguaggi.”
Prendendo a prestito il titolo di un suo disco “Come un cammello in una grondaia” (Al-Biruni scienziato persiano del XII sec. usava questa espressione per descrivere quanto era inadeguata la sua lingua per elaborare discorsi sulla disciplina da lui studiata) gli chiedo se si senta un cammello in una grondaia e come aveva lasciato presagire dall’inizio dell’intervista ci dice che “no sono in pace con me stesso e sereno”.
Ora è tempo di lasciare preparare Battiato per salire sul palco lo ringraziamo scattiamo qualche foto insieme e prendiamo posto nell’auditorium per assistere al concerto.
Sul palco con lui una band di nove elementi comprendenti piano tastiere chitarra basso batteria e il quartetto d’archi Italian quartet.
Su un maxi schermo vengono proiettate parti di testo in inglese.
Propone il nuovo disco che è uno scrigno pieno di gemme preziose,con brani di una tale intensità che non si può che non accettare di partire per il viaggio che regala.
La parte centrale del concerto vede Battiato sul palco con soli quartetto d’archi piano e tastiera.Esegue anche un brano di un compositore inglese del XX secolo.
Parte finale del concerto prima dei bis un medley di bandiera bianca e Up patriots to arms.
Presentazione della band elemento per elemento ed ecco l’era del cinghiale bianco e Voglio vederti danzare.
Esce il quartetto d’archi e Battiato suonando anche lui una tastiera fa un salto negli anni ’70.
Rientrano gli archi e si vola verso il finale del concerto arriva anche Cuccuruccucù poi Battiato fa battere le mani al suo pubblico su un sette ottavi al quale fa anche i complimenti: ”Che musicalità”.
Centro di gravità permanente la gente esplode.
Applausi applausi e ancora applausi.
Grande concerto non si può che essere d’accordo con il cardinale che alla fine di un concerto si avvicinò a Battiato e gli disse :”se le nostre liturgie fossero così” come lui stesso ci racconta.
Ora alla luce degli ultimi avvenimenti che vedono Franco Battiato cacciato dalla sua nomina non si può che prendere a prestito le sue parole della canzone Povera patria e dire: ”povera patria schiacciata dagli abusi del potere di gente infame che non sa cos’è il pudore……nel fango affonda lo stivale dei maiali…mi fa male vedere un uomo come un animale…..intanto la primavera tarda ad arrivare”
D’altro canto in Italia è così non se ne abbia troppo a male Battiato se dici la verità sei fatto fuori.
Caliti Junku.
Samuele Rossini