Perché darla per vinta all’Agenzia delle Entrate prima e ad Equitalia poi, se si è commesso un errore nella compilazione della dichiarazione dei redditi? Anche perché bisogna confidare nella giurisprudenza, specie quando applica correttamente la legge che non sempre è a sfavore del contribuente come nella ordinanza n. 10647 del 7 maggio 2013 della sezione tributaria della Corte di Cassazione, che ha dato ragione al cittadino rilevando come si possa impugnare la cartella di pagamento facendo valere l’errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
In particolare, sulla scia di altri recenti precedenti giurisprudenziali della stessa Suprema Corte (fra questi la n. 4776/11 e 26512/11), gli ermellini investiti da un ricorso presentato da un cittadino residente a Treviso avverso una sentenza della Corte Tributaria Regionale di Venezia Mestre, hanno ribadito che “il contribuente che abbia commesso un errore a suo danno nella compilazione della denuncia dei redditi può emettere una dichiarazione correttiva e non è tenuto a seguire la procedura di rimborso di cui all’art.38 del dpr n.602/1973”.
Ma v’è di più. Secondo i giudici di Piazza Cavour, la correzione “è possibile anche in sede di impugnazione di una cartella di pagamento, emessa in base alla dichiarazione del contribuente, non essendo di ostacolo il limite previsto dal comma 3° dell’art.19 del d. Igs.n.546 del 1992 (secondo cui la cartella sarebbe impugnabile solo per vizi propri), perché non viene in rilievo un vizio della cartella, ma l’errore del contribuente, e l’esigenza del rispetto del principio della capacità contributiva e della obiettiva legalità dell’azione amministrativa”.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’ordinanza in questione è particolarmente importante perché evidenzia come l’atto impositivo non sia sempre impugnabile solo per vizi propri come taluni pseudo esperti continuano a ribadire, ma esistono casi come quello della fattispecie che consentono l’impugnazione anche per cause esterne come l’errore nella dichiarazione dei redditi.