Finiamola con il fare spettacolo dalle tragedie umane

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Nonostante tutto oggi è Pasqua, si legge in un enorme uovo di cioccolato regalato da mani generose alle martoriate popolazioni abruzzesi colpite dal terremoto che ha cancellato interi paesi e ha lasciato sotto le macerie 293 morti, a tanto arriva la stima di coloro che hanno perso la vita a causa delle scosse telluriche.

Nonostante tutto, è vero: è Pasqua.

Ma quanto è accaduto in quella regione non deve essere cancellato con un semplice gesto di spugna: è vero che bisogna pensare guardando in avanti; che il tempo del dolore, della disperazione, del lutto nazionale è finito con il Venerdì della Settimana Santa, che per una tragica e fortuita coincidenza è corrisposto alla morte del Cristo sulla croce.

Le lacrime sono state asciugate dal tempo, anche se rimane dentro l’anima il dolore per le persone care che non ci sono più, per la perdita della casa e degli averi, per aver visto scomparsi, inghiottiti quelli che erano considerati i punti fermi per la vita dell’uomo: la chiesa, la piazza e gli edifici per così dire fondamentali di una comunità (il comune, il Palazzo della Ragione). Guardare in avanti avendo la consapevolezza che, nel cammino non si è soli, come si è potuto constatare dai gesti di solidarietà e affetto che sono giunti da tutta Italia e dal resto del mondo.

Ora, gli abruzzesi hanno la consapevolezza che nella sfida che li attende nel resto della loro esistenza non sono soli. Ci sono gli altri (che sono molti) che si sono mobilitati, hanno mandato generi di prima necessità, poi soldi, quando non hanno raggiunto i paesi per scavare le macerie anche loro, con ogni mezzo anche con le mani nude.

Qualcuno mi ha detto: perché Dio (se esiste) non ha impedito tutto questo? Dov’era quando si registravano le scosse?

Superfluo farvi notare che chi mi dettava l’appunto era un ateo. Avrebbe dovuto allora impedire lo stesso che si verificasse la soha degli Ebrei, e l’orrore delle due guerre mondiali e di tutte le guerre e non lo ha fatto. Eppure Dio l’ho visto accanto agli uomini dei primi soccorsi, dei Vigili del Fuoco, dei volontari della Protezione civile, nei volti di chi è andato lassù, spinto da desiderio di aiutare l’uomo offeso e ferito.

Non l’ho visto in chi ha “sfruttato” l’evento calamitoso, per fare spettacolo o per fare passerella, oppure (peggio ancora) per diventare famoso.

Dieci in condotta ai Vigili del Fuoco e alla Protezione Civile: che bellissimo esempio di organizzazione e di mobilitazione che hanno dato al mondo.

Ma zero in condotta (lo ripeto: zero!) ai mezzi d’informazione nazionali. Si vedeva lontano un miglio che il loro interesse, la loro cura non era riposta in ciò che facevano, o in chi intervistavano, ma nella risposta telematica in ordine all’audience che l’evento avrebbe registrato presso il grosso pubblico. Ma dico: si può strappare dalle macerie il comandante dei Vigili, toglierlo dall’operazione che avrebbe condotto forse a salvare qualche vita per intervistarlo, rivolgergli domande incredibile e poi, sfruttando la sua pazienza, tenerlo davanti all’occhio delle telecamere per tutto il tempo che la regia mandava in onda la pubblicità.

Ma vi rendete conto? Dall’Aquila, in diretta con la tragedia, si aspettava che passassero gli spot. Incredibile!

Prima i soldi degli sponsor, poi le necessità e le urgenze dell’uomo. Ma avete seguito le dirette affidate a improvvisati giornalisti (si sono spacciati per tali)?

Di notte andavano alle macchine parcheggiate in piazza e bussando ai vetri svegliavano gli occupanti, chiedendo loro perché dormissero in vettura?

Altra domanda geniale: cosa avessero mangiato. Incredibile! E a pensare che per diventare giornalisti occorre fare un esame selettivo non facile, ma quei cronisti chi li aveva promossi e chi li aveva mandati con un microfono in mano e una camera?

Ciò mi fa pensare che l’informazione è proprio messa a mal partito. Infine, perché oggi è Pasqua: dieci in condotta a tutti gli Abruzzesi per il forte insegnamento che ci hanno trasmesso affermando i veri valori dell’Uomo.

Da domani possiamo correre dietro a coloro che si sono resi responsabili dell’accaduto.

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