10° anniversario del disastro ferroviario di Crevalcore, il contributo di Assemblea 29 giugno

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Image_15Londra – Da Assemblea 29 giugno riceviamo e pubblichiamo questo documento in occasione del 10° anniversario del disastro ferroviario di Crevalcore.

La linea era a binario unico, la nebbia fitta, un solo macchinista alla guida, accanto il capotreno, la cabina di guida col famigerato pedale “a uomo morto”. Niente “ripetizione dei segnali in macchina” e Sistema di Controllo della Marcia del Treno (SCMT), che avrebbero sicuramente evitato il disastro. Dal 2003 riduzione del personale e trasformazione, per ridurre i tempi, dell’incrocio con fermata in “incrocio volante”. Assenza delle tavole distanziometriche rifrangenti per segnalare l’approssimarsi di un semaforo che poteva essere rosso. Proprio per l’arretratezza della linea, prima Bolognina era una stazione vera con capostazione e alla guida dei treni 2 macchinisti. Per la frequentissima nebbia si usavano i petardi per avvisare di un semaforo rosso. Tagli senza misure tecnologiche di “compensazione” per evitare un prevedibile “errore umano”. Questi i fatti, per difetto, perché a leggere tutti gli atti non si può che gridare: strage annunciata, perché tutte le condizioni si sono poste affinché non fosse evitata!

Ma il PM chiede l’archiviazione: è solo grazie all’intervento dei ferrovieri e dei loro Rappresentanti dei lavoratori alla sicurezza (Rls) che fanno opposizione, forte e circostanziata (che viene accolta), denunciano i fatti, presidiano le udienza e si presentano, con l’Orsa Emilia Romagna, come unica parte civile, e la ‘partita’ si riapre.

Siamo qui perché quella di Crevalcore, del maggio 2009 (solo un mese prima del disastro ferroviario di Viareggio del 29 giugno che ha causato 32 Vittime) è una sentenza esemplare che serve all’oggi: tutto il procedimento aveva dimostrato le gravissime omissioni, le rimozioni, le “evidenze”, ma il giudice stabilisce che il disastro è da attribuirsi all’errore umano del macchinista Vincenzo di Biase e assolve tutti gli imputati, pugnalando ancora al cuore i familiari di tutte le Vittime; ma non può negare che le responsabilità vanno estese al “sistema ferroviario” nel suo complesso. Non ne trae però le conseguenze, perché avrebbe messo in discussione tutta l’attuale struttura economico-sociale. Questa contraddizione, che lorsignori hanno dovuto risolvere, non si sarebbe espressa se i ferrovieri non si fossero mobilitati.

Siamo qui perché questo 10° anniversario è un appuntamento da non perdere, visto le sentenze susseguitesi nell’ultimo periodo (l’elenco è per difetto):
– la sentenza Thyssen krupp, dell’aprile scorso, con cui è stata annullata la sentenza della Corte d’Appello di Torino (che aveva già ridotto le pene derubricando l’omicidio da doloso a colposo): il nuovo processo deve rideterminare, ovviamente a ribasso, le pene degli imputati;
– la sentenza di 2° grado de L’Aquila che assolve i membri della Commissione grandi rischi che una settimana prima del terremoto, che provocò 309 Vittime, aveva rassicurato la popolazione che non vi era alcun pericolo;
– la sentenza Eternit del 19 novembre, con l’assoluzione definitiva per prescrizione del reato di disastro ambientale del miliardario Stephan Schmidheiny, imputato di oltre 3.000 morti da amianto. Annullati anche i risarcimenti per le parti civili;
– la sentenza ‘Marlane’: a dicembre, il Tribunale di Paola assolve i 12 imputati, tra cui il presidente Marzotto, responsabili dei 107 operai morti alla Marlane di Praia a Mare (Cs);
– sempre il Tribunale di Paola, a dicembre, ha assolto tutti gli imputati nel processo per la megadiscarica Montedison di Bussi che ha avvelenato 700.000 persone, reato prescritto perché derubricato da doloso a colposo.

Come per il processo di Crevalcore, in ognuno di questi procedimenti la mobilitazione ha contato e ha condizionato i Tribunali fino a un certo punto, come per l’Eternit e la Thyssen, con le sentenze “storiche” di 1° grado, o la Marlane di Praia a Mare.
Ma “alla fine dei conti” il “sistema” non può essere messo in discussione: il sistema del profitto, che deve avere i suoi caduti, che devono essere fatti collettivamente ingoiare come naturali, perché il progresso, dicono, non si può fermare. La logica del profitto prevale su tutto e i Tribunali riconoscono questo dominio.

Siamo qui perché la nostra esperienza, le riflessioni e la comprensione a cui ci ha portato, ci ha ancora più convinto che come lavoratori, come cittadini, non possiamo delegare a questi Tribunali la tutela della vita, della sicurezza e della salute. La storia, l’esperienza e la realtà hanno dimostrato che non ce lo possiamo permettere. Queste sentenze assolvono i responsabili delle morti e del disastro ambientale e condannano chi opera in prima persona per questi beni fondamentali della collettività, come le due sentenze-vergogna (del 4 giugno 2013 del giudice del Tribunale di Lucca, Luigi Nannipieri, e del 17 luglio scorso del presidente del Tribunale della Corte di Appello di Firenze, Giovanni Bronzini, coadiuvato dai giudici Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio) che hanno confermato il licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini, “accusato” di aver violato l’obbligo di fedeltà a Moretti, Elia, Soprano, rinviati a giudizio per la strage ferroviaria di Viareggio.
Ma questi giudici sono coscienti che siamo di fronte a 32 Vittime (bambini, ragazze, uomini e donne) e a numerosi feriti di cui alcuni ne porteranno le conseguenze per tutta la vita?
Non dobbiamo fermarci di fronte alle “loro” sentenze di parte, ma dobbiamo organizzarci, denunciare e mobilitarci perché la tutela della vita dei lavoratori e dei cittadini, non può essere nelle mani di chi ha deliberatamente deciso di stare dalla parte dei potenti.

Siamo qui perché vogliamo “riaprire la partita”, perché neghiamo la “loro” logica del primato dell’economia sulla salute, dell’impresa, del mercato e del profitto sul primato del bene collettivo: la vita e la sicurezza.
Di fronte all’evidenza che questo Stato, prima o poi, assolve padroni e manager, sta a noi cogliere ogni occasione per riaprire la partita. I tempi sono cambiati in peggio per i senza-potere, sono sempre più le sentenze contro di loro ed allora dobbiamo far sì che i tempi cambino anche per i poteri forti, impuniti ed assolti da questi Tribunali.
Vogliamo dirlo a tutti voi attraverso le parole della presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime del 29 giugno 2009 “Il mondo che vorrei”: “… vorremmo che la strage di Viareggio, come ogni altro assassinio sul e da lavoro, non venga dimenticata, non rimanga impunita e non accada mai più un altro “29 giugno” e per far sì che ciò avvenga è necessario mobilitarsi, organizzarsi e lottare, essere noi i protagonisti senza delegare niente a nessuno, lottare per la sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio per la difesa della salute di tutti. E’ necessario, affinché ciò avvenga, che noi familiari ci si “apra” e si sia al vostro fianco, ma occorre anche essere coscienti che la lotta per la sicurezza, la salute, la vita è soprattutto nelle vostre mani, nelle mani del movimento dei lavoratori “.

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