Londra – E’ stato sviluppato un nuovo sistema di gestione del traffico che potrebbe condurre all’eliminazione dei tradizionali semafori negli incroci. Il progetto è stato realizzato dai ricercatori del Massachusetts institute of technology (Mit), dell’Istituto di informatica e telematica del Consiglio nazionale delle ricerche (Iit-Cnr) di Pisa e del Swiss Institute of Technology (Eth). L’obiettivo è quello di rendere la viabilità più fluida riducendo, così, code e ritardi. Il nuovo sistema trae spunto da quello utilizzato dagli aerei, il cosiddetto sistema ‘ a slot’. Quest’ultimo garantisce ad ogni veicolo uno ‘slot’, ovvero uno spazio temporale personalizzato per attraversare l’incrocio, eliminando così la necessità di fermarsi in prossimità di esso. L’utilizzo di un algoritmo e di tecnologie già esistenti su molte autovetture permetterà di controllare la velocità di ogni autoveicolo di modo da assicurarsi che questo raggiunga l’incrocio in corrispondenza dello ‘slot’ assegnatogli, come se fosse sulla pista di un aeroporto.
“La transizione dai semafori a questo innovativo sistema può migliorare sostanzialmente l’efficienza degli incroci”, afferma Paolo Santi, membro del Mit Senseable City Lab e ricercatore dell’Iit-Cnr. “Le nostre analisi mostrano per la prima volta in maniera scientifica che, con i volumi di traffico attuali, le file scomparirebbero ed i ritardi nel raggiungere la destinazione sarebbero quasi nulli”.
Lo studio ha dimostrato che nelle stesse condizioni di sicurezza, il nuovo sistema è in grado di raddoppiare, rispetto al semaforo, il numero di veicoli che l’incrocio può gestire senza la creazioni di code.
“Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione ed i veicoli a guida autonoma cambieranno il panorama della mobilità urbana”, spiega Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del Mit, “ed in un futuro molto prossimo, in cui tutte le auto saranno autonome, possiamo immaginarci che i veicoli non avranno più bisogno di fermarsi agli incroci, ma potranno continuare a muoversi senza collisioni”.
I risultati dello studio, condotto in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Enel, sono stati pubblicati sulla rivista PloS ONE.