Dall’economia due verità sgradevoli
Le proteste dei gilet gialli sono state uno degli argomenti di cui si è più discusso nelle ultime settimane, fino a indurre il presidente francese Macron a presentarsi in televisione per dire che ha capito le ragioni dei manifestanti e che adotterà misure per venire incontro alle loro esigenze. L’innesco delle proteste è stato un aumento delle tasse sui carburanti, che penalizzano specialmente chi abita nelle periferie, e quindi usa l’auto per andare al lavoro, e i proprietari di auto più inquinanti. Proprio in questa settimana c’è stata la Nobel lecture di William Nordhaus, che l’Accademia di Stoccolma ha premiato per i suoi studi sul cambiamento climatico. Val la pena di riportare una citazione: “L’economia mostra una verità sconveniente sulle politiche sul cambiamento climatico: per essere efficaci esse devono aumentare il prezzo della CO2 e, così facendo, correggere l’esternalità del mercato. Se si vuole essere efficaci, il prezzo deve aumentare”.
Gli eventi francesi suggeriscono però anche un’altra verità sgradevole: l’aumento di prezzo dei carburanti rischia di penalizzare soprattutto i più poveri. Un obiettivo come quello di limitare i danni del cambiamento climatico rischia di essere percepito come un ulteriore fattore che genera iniquità. Pensare al futuro del pianeta è una preoccupazione riservata solo ai ricchi?
Il contrasto irrisolto tra efficienza ed equità
Negli scorsi giorni un altro premio Nobel, Jean Tirole, ha scritto un articolo sul Journal du Dimanche in cui elenca alcune proposte volte ad attenuare l’impatto della tassa sui carburanti sui meno abbienti: per esempio, ridurre il carico fiscale togliendo alcune delle imposte più distorsive e meno efficaci, come gli oneri fiscali che gravano su imprese e lavoratori, dare un bonus energia ai più bisognosi per far fronte all’aumento dei carburanti, facilitare l’accesso al credito per chi volesse dotarsi di tecnologie meno inquinanti, usare il gettito della tassa sui carburanti per opere di adattamento e di attenuazione dell’impatto del cambiamento climatico.
Ma il problema del diffuso senso di mancanza di equità del sistema economico, nota Tirole, è più ampio di quello legato alla tassa sui carburanti. Infatti la protesta dei gilet gialli, partita da lì, si è spostata su un piano più ambizioso, quello del recupero del potere di acquisto, anche attraverso una netta riduzione della pressione fiscale.
Ma come si può ridurre la pressione fiscale sui più poveri senza privare i cittadini di servizi essenziali? Un primo elemento è quello di fare pagare di più i ricchi. La decisione di Emmanuel Macron di riformare alleggerendo una forma di tassazione patrimoniale ha esacerbato il senso di iniquità dei cittadini francesi. Tuttavia, in passato quell’imposta ha garantito un gettito limitato. Per dare maggiori entrate dovrebbe probabilmente colpire una platea più ampia, con le ovvie conseguenze in termini di consenso. Inoltre, afferma Tirole, occorre spendere meglio, tagliando i programmi di spesa meno efficaci. “Vaste programme”, verrebbe da dire sulla base dell’esperienza italiana della spending review. Infine, e forse è questo il punto più importante, occorre ricordare a tutti che l’economia non è un gioco a somma zero. Le riforme per aumentare la produttività e quindi la crescita sono essenziali. Ma anche in questo caso, non c’è da essere ottimisti. Troppe volte i governi hanno parlato negli anni passati di riforme strutturali senza che poi i cittadini ne abbiano visto gli effetti e oggi molti di loro provano fastidio solo a sentirle nominare.
Il contrasto tra efficienza ed equità non è certo un tema nuovo in economia. Ma è desolante osservare che alle richieste di chi si sente escluso e lasciato indietro oggi siano offerte solo le ricette populiste, come il protezionismo o l’assistenzialismo. La combinazione di fallimento dei mercati e della politica rischia di avere conseguenze difficilmente prevedibili e non certo in senso positivo.
Fausto Panunzi, da lavoce.info