È morto combattendo in battaglia Abdel Basset Sarut, ex portiere della nazionale siriana di calcio under 21 e icona delle prime proteste non violente della rivolta anti-regime scoppiata in Siria più di otto anni fa.
La sua parabola è quella di migliaia di altri giovani siriani, scesi in strada a mani nude nella primavera del 2011 sfidando la repressione militare governativa, ma finendo a imbracciare le armi e a usarle anche al fianco di miliziani qaedisti. Sarut, 27 anni, era rimasto ferito durante scontri, ancora in corso, lungo il fronte caldissimo tra Hama e Idlib, nel nord-ovest del Paese. Qui dalla fine di aprile le forze di Damasco hanno scatenato, col sostegno russo, una offensiva che secondo l’Onu ha finora causato lo sfollamento di circa 300mila persone, l’uccisione di più di 200 civili, il danneggiamento o la distruzione di decine di ospedali, scuole e altre infrastrutture mediche.
Le forze governative e russe parlano di una battaglia contro “terroristi”, decine di migliaia di miliziani anti-regime, tra cui combattenti qaedisti.
La storia di Abdel Basset Sarut
Comincia prima del 2011, quando viene scelto come portiere della nazionale di calcio under 21 della Siria ancora non in guerra. Originario di Homs, l’allora atleta 19enne non esita a unirsi ai cortei di protesta del 2011. Sarut resiste a Homs fino al drammatico assedio governativo del 2014, quando la città cade in mano di Damasco.
L’ex portiere, ormai noto per i filmati in cui canta inni e poesie della “rivoluzione siriana”, aveva già aderito alla lotta armata, concepita come forma di resistenza alla repressione delle autorità centrali. Evacuato da Homs assieme a centinaia di altri irriducibili, si rifugia nelle campagne tra Homs e Hama, in una zona all’epoca ancora fuori dal controllo governativo.
Successivamente, mentre le forze governative assieme a quelle russe e iraniane riprendono il graduale controllo della Siria occidentale, Sarut segue l’esodo verso Idlib e la Turchia di centinaia di altri civili e miliziani sconfitti. A Idlib Sarut si unisce a una milizia considerata meno radicale di altre, Jaysh al Izza, ma la sua lotta avviene ormai in un contesto di forte polarizzazione confessionale e politica. Per i suoi amici è un “martire della rivoluzione”, per i suoi detrattori è un “traditore” e un “terrorista”.
In Rete circolano oggi numerosi filmati evocativi della figura di Abdel Basset Sarut, “guardiano della rivoluzione” (col gioco di parole in arabo tra “portiere e guardiano”) o “cantante della rivolta”, mentre canta la nostalgia per la sua città natale Homs, dove non è più potuto tornare.