Il 2019 al cinema, l’anno delle donne. Molte le registe e attrici premiate

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Il 2019 al cinema è stato l’anno delle donne. A dicembre, il Parlamento europeo ha assegnato il Premio Lux a un film della Macedonia del Nord, Dio esiste, il suo nome è Petrunya, diretto da Teona Strugar Mitevska. Ed è una donna anche la protagonista del film, che non solo decide di partecipare a un rituale tradizionalmente riservato agli uomini, ma lo vince, creando scompiglio nella sua comunità d’origine.

“È necessario denunciare la società patriarcale che domina nei Balcani, in Europa, nel mondo – sostiene la regista – Purtroppo, è il sistema dominante. Siamo coinvolti tutti. Ma è in corso una cambiamento epocale, perché ci interroghiamo e osiamo proprio come fa Petrunya. Una svolta è possibile, ed è sempre di più a portata di mano”.

L’orgoglio femminile sulla montée des marches

Anche a Cannes, le registe si sono affermate con una montée des marches tutta al femminile, con la spilla del movimento 50/50 che rivendica la parità salariale. È la squadra del film di casa, Ritratto della Giovane in Fiamme, di Céline Sciamma.

Un’autrice non nuova alle questioni di genere o alle storie femminili. A questa è andato il premio per la miglior sceneggiatura: è il racconto di una storia tormentata tra una pittrice e la sua modella, promessa a un matrimonio contro la sua volontà.

La sorpresa dagli Oscar e il premio a Banderas

Olivia Colman ha vinto il suo primo Oscar come miglior attrice, superando le performance di Glenn Close e Lady Gaga, grandi favorite della serata.

L’attrice inglese, rivelazione della serie TV Broadchurch, ha surclassato la concorrenza interpretando la Regina Anna d’Inghilterra nella Favorita, insieme ad altre due grandi attrici, Rachel Weisz ed Emma Stone.

Una menzione anche al maschile la merita Antonio Banderas, che si è calato nei panni del suo mentore Pedro Almodóvar in Dolore e gloria, che gli è valso il Premio all’Interpretazione a Cannes. L’ultima opera del regista spagnolo è un affresco autobiografico della sua vita, dei suoi amori e della figura materna.

“Quando ho letto la sceneggiatura – ha dichiarato la star – ho subito realizzato che si trattava di qualcosa di più simile a una confessione”.

L’epoca del Me too non è finita

Alla Mostra di Venezia J’accuse, film che racconta il caso Dreyfus, ha ricevuto il Gran Premio della Giuria e il riconoscimento a Roman Polanski ha fatto discutere. Il regista non ha finito di scontare una condanna negli Stati Uniti per un caso di abuso sessuale negli anni ’70 e rischia tuttora l’estradizione.

“Io non separo l’uomo dal lavoro – ha dichiarato la regista Lucrecia Martel, presidente della giuria – Mi sembra che la cosa interessante delle opere è che rendono l’uomo trasparente. E penso che si possa immaginare, come per tutti voi, la presenza di Polanski, con le notizie del suo passato, per me era molto scomoda”.

 

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