Khalifa Haftar lascia Mosca con un nulla di fatto e senza firmare un accordo. Dopo circa otto ore di discussione il feldmaresciallo, uomo forte della Cirenaica, sarebbe già in Libia. Le discussioni si sono arenate su diversi temi: ad esempio sulla data dello scioglimento delle milizie. Haftar è convinto di essere vicino alla vittoria militare. Altro tema del contendere sembra la presenza di truppe turche sul territorio e il ruolo ggiocato da Ankara che non convincerebbe Haftar.
Le cose si erano messe male già dal pomeriggio di lunedì quando il premier al Serraj, leader del governo riconosciuto dall’Onu e da gran parte della comunità internazionale aveva rifiutato di incontrare Haftar. Si è capito da allora che anche questa tornata negoziale non sarebbe stata risolutiva e a nullla sono serviti gli sforzi diplomatici della Russia che ospitava l’incontro.
In prima linea è tornata anche l’Italia che deve difendere non solo gli interessi dell’Eni in Libia ma anche prevenire mali maggiori, terrorismo e nuovo flusso migratorio in primo luogo. Senza dimenticare i rischi fisici per il personale in loco. Una base italiana si trova nei pressi dell’aeroporto di Tripoli, a volte bombardato o la base navale di Abu Sitta in cui è ormeggiata la nave della Marina Militare italiana che offre assistenza tecnica alla guardia costiera libica.