Portoferraio, al Foresi si è parlato di migranti

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Nelle scorse settimane, durante l’ora di Geostoria, la classe prima B liceo scientifico ha incontrato Lucrezia Ferrà (nella foto), ex alunna del liceo classico “Foresi”, invitata dalla docente Valentina Lupi.
Lucrezia, nel 2018, si è laureata in Scienze della pace all’Università di Pisa e, per realizzare la sua tesi di laurea, si è occupata dell’accoglienza che il nostro Paese dedica agli immigrati; attualmente svolge un lavoro nell’ambito del settore educativo.
È coautrice del libro “Il sorriso vergine”, in cui parla dell’esperienza che ha vissuto in Sicilia “e – scrivono i giovani studenti della prima B – durante il nostro incontro ci ha introdotto una parte del suo libro e, più in generale, ci ha fatto partecipi di quello che ha imparato. Ci ha anche raccontato di una ragazza nigeriana di 15 anni, che ha personalmente avuto modo di conoscere, e delel vicissitudini per raggiungere l’Italia”.
“Partendo proprio da questa storia di cui è stata testimone diretta – continuano gli studenti – Lucrezia Ferrà ci ha spiegato cosa accade ai profughi che arrivano in Italia ed ha sfatato alcuni ‘miti’ al riguardo. Al momento del loro arrivo vengono ospitati in un centro di primo soccorso, dove ricevono le cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati e possono richiedere la protezione internazionale. Vengono poi smistati nei centri di accoglienza e lo stato sostiene i costi per il loro mantenimento. Solo in un secondo momento e quindi spesso dopo molti mesi (l’accoglimento della loro domanda prevede tempi molto lunghi) lasciano i centri di prima accoglienza, per essere accolti ed integrati in realtà più adeguate. Molto spesso, però, i profughi che giungono in Italia non hanno nessun desiderio di rimanere qui, ma sognano di raggiungere i loro parenti che vivono in Francia o in Germania”.
Lucrezia ha precisato che i profughi non ricevono 35 euro al giorno come si sente dire, ma il minimo indispensabile che va dai 2 ai 7 euro mentre il resto viene dato alla struttura ospitante. Ha spiegato anche che non è vero che le strutture ospitanti sono hotel a cinque stelle, ma che spesso si tratta di strutture ai limiti dell’agibilità, dove a volte manca l’acqua o la luce. Spesso il fatto che gli immigrati abbiano con sé gli smartphone solleva critiche nei confronti del loro effettivo stato di povertà, ma si tratta di cellulari che servono a mantenere i contatti con le loro famiglie. In alcuni casi inoltre questi sembrano essere forniti assieme alle relative ricariche da organizzazioni di tipo mafioso allo scopo di controllare e ricattare gli immigrati stessi.
“Ci ha fatto molto piacere conoscere Lucrezia e ascoltare la sua testimonianza – concludono i ragazzi -. Ci ha fatto riflettere su tematiche importanti di cui sentiamo parlare quotidianamente. Mentre prima ascoltavamo con superficialità quello che ci accadeva attorno, adesso abbiamo sicuramente un occhio più attento alle immagini che vediamo in televisione e forse siamo anche un po’ più sensibili”.

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