L’epidemia del coronavirus costa alla Cina un deficit commerciale di 7,09 miliardi di dollari a gennaio-febbraio, mancando le attese dei mercati di un surplus di 24,6 miliardi. Oltre all’export, che nello stesso periodo è sceso del 17,2% annuo (a fronte di una stima a -14,2%), il calo dell’import si è fermato al 4% (rispetto ad un previsto -15%).
L’export, crollato del 17,2%, si è attestato a 292,49 miliardi di dollari nel primo bimestre, a fronte di attese a -14,2%, scontando i problemi alla catena di produzione e distribuzione pesantemente colpita dalla decisione di estendere la festività del Capodanno lunare di gennaio negli sforzi per contenere il contagio del coronavirus nel Paese.
Le vendite di alluminio grezzo, includendo metalli primari, manufatti in lega e semilavorati, sono crollati del 25,3% annuo a quasi 700.000 tonnellate. L’export di terre rare, alla base dei beni hi-tech, è crollato del 17,3%, a 5.489,2 tonnellate.
Le importazioni, secondo i dati delle Dogane cinesi, sono scese del 4%, a 299,54 miliardi, a fronte del -15% atteso. Sotto pressione le spese per materie prime come il rame (-1,2% a 3,77 milioni di tonnellate), mentre il greggio è aumentato del 5,2%, a 86,09 milioni di tonnellate, con le raffinerie impegnate a rafforzare le scorte prima del Capodanno lunare. L’import di soia è salito del 14,2% annuo grazie ai maggiori acquisti dagli Usa per effetto della tregua nella guerra commerciale.