Un applauso lunghissimo ha accolto oggi Silvia Romano all’aeroporto di Roma Ciampino. Basta guardare il volto della madre e di tutta la famiglia, presente al momento dell’atterraggio, per capire quanta sofferenza ci sia stata in questa lunga agonia durata quasi due anni.
Eravamo nel novembre 2018 quando Silvia, allora 23enne è stata rapita in Kenya da Al Shabab, gruppo terrorista somalo affiliato ad al Qaeda, che successivamente ha condotto la volontaria della onlus Africa Milele a Mogadiscio, capitale della Somalia. Da lì in poi soltanto silenzio e attenzione da parte dell’intelligence nel non far trapelare informazioni che se avessero visto la luce avrebbero compromesso definitivamente quella che fin dal principio è stata una difficile e delicata trattativa.
Uno dei misteri che accompagna il suo rilascio riguarda la presunta conversione all’Islam della ragazza, conversione pilotata forse dai suoi carcerieri. All’aeroporto, ad attenderla, la mamma Francesca e il papà Enzo, emozionati, sollevati, felici di poterla riabbracciare. L’abbraccio con i familiari è lungo, forte e sentito.
Oggi alle ore 14 italiane la nostra patria si è fermata per un lungo applauso nei confronti di chi aveva lasciato la sua Milano per fare del bene e per aiutare i bambini affamati e poveri che vediamo ogni giorno nelle pubblicità e per cui non spendiamo 1 euro per dare una mano. Silvia invece aveva deciso di farlo di persona, aveva deciso di andare in loco a prestare servizio e assistenza, mettendo a repentaglio i suoi affetti, le sue amicizie e rinunciando alla presenza costante di una famiglia che in un modo o nell’altro le è stata sempre vicino e l’ha assecondata nelle sue coraggiose scelte.
Con questo sacrificio e con il rapimento ai suoi danni, Silvia ha rischiato la vita per volerne salvare altre. “Sono stata forte. Ho resistito”. Sono queste le sue prime parole. Potremmo aggiungere una miriade di particolari a riguardo, potremmo fare elogi nei confronti di una ragazza con dei valori rarissimi, specialmente di questi tempi, ma l’unica cosa che più di ogni altra ci dà soddisfazione è sentire quell’applauso infinito al momento dell’atterraggio dell’aereo, roba da far venire la pelle d’oca e i brividi sulla schiena contemporaneamente. Questa è l’Italia che ci piace, quella che tutti vorremmo raccontare. Non sei stata forte solo in questa difficile vicenda Silvia, lo sei sempre stata, da quando hai deciso di partire per aiutare il prossimo. Chapeau.