Scomparsa di Emanuele Macaluso, il sindaco di Rende Marcello Manna lo ricorda

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Se ne va con Emanuele Macaluso un altro importante frammento della storia del novecento.
Classe politica di altissimo livello, forgiata tra le polverose campagne siciliane a fianco dei braccianti agricoli e sulle pagine dei suoi amati romanzi: passione e ideologia nelle scuole dei partiti allora espressione di democrazia diretta.
Sindacalista, dirigente del PCI, fu anche direttore dell’Unità nel quale esordì, allora ancora diciottenne, quando il quotidiano era clandestino.
Uomo di rara lucidità e compostezza, seppe sino all’ultimo interpretare il tempo vissuto e, al tempo stesso, criticare i “metodi di corridoio” di certa dirigenza del proprio partito.
Ne “Gli Zii di Sicilia” di Sciascia avrebbe impersonato il protagonista dell’episodio “La Morte di Stalin”, lui togliattiano convinto, esempio di anticonformismo, garantista, eretico e scarsamente interessato ai partiti che raccolsero l’eredità di quella sinistra perdendosi nei meandri delle mistificazioni ideologiche.
“Ho avuto una lunghissima vita, piena di grandi gioie e di grandi dolori, ma queste settimane mi sembrano tra le più terribili. Siamo dentro una vicenda che non ha precedenti. Il fatto inedito è che questo virus ci ha incarcerati, serrati nelle nostre case, senza nemmeno poter uscire per prendere un caffè, vedere un amico, chiusi dentro una vita che non è la nostra”, diceva pochi mesi fa a Concetto Vecchio.
Se ne preservi l’eredità per le giovani generazioni che si affacciano alla vita che deve essere come loro la immaginano.

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