La cultura si rinnova

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Giancarlo De Cataldo , Emir Kusturica
Giancarlo De Cataldo : «L’edizione 2021 della Milanesiana è dedicata al tema del progresso. Io credo che se per esempio fossi un nativo americano, non potrei chiamare Buffalo Bill “uomo del progresso”. Ogni progresso porta con sé qualche vittima e allo stesso tempo qualcosa di necessario. Nei prossimi giorni in Italia sarà disponibile la versione restaurata del tuo Il tempo dei gitani , un film bellissimo in cui ritrovo questa domanda sul progresso: cosa ci stiamo guadagnando o cosa stiamo perdendo allo stesso tempo?».
Emir Kusturica: «Per me il progresso è un crimine necessario che dobbiamo compiere perché la società progredisca, perché il progresso è una via naturale. Nei miei primi film, ho raccontato il progresso come un elemento dell’esistenza umana. I giovani soffrono per aver perso i genitori, ma nello stesso tempo vedono nella loro morte qualcosa. In Ti ricordi di Dolly Bell? il padre sta morendo ma il fratello più giovane guarda la bicicletta nuova che ha ricevuto, e in quel dono apparentemente la vita va avanti come andava prima.
Alessandro Magno ha dominato mezzo mondo che non aveva mai pianificato di conquistare. Quando i suoi soldati gli chiedevano “perché andiamo avanti?”, lui rispondeva “è necessario”. Le illusioni fanno andare avanti le persone e allo stesso tempo producono pessimi effetti. Oggi abbiamo il 2% delle persone che possiedono l’88% della ricchezza mondiale: non c’era bisogno del progresso per arrivare così lontani».
GDC: «Non pensi che ci siano momenti in cui è necessario fermarsi, e guardare indietro? Tutta la cultura occidentale guarda al dio della crescita, e lo stesso sta accadendo nei paesi emergenti, in Brasile, India, Cina».
EK: «Non possiamo fare altrimenti.
Ogni volta che una dinastia, un potere conquista il mondo, arriva sempre qualcuno che vuole distruggerlo. Il re persiano Dario voleva distruggere i Greci, la Mongolia combatteva la Cina. Io mi considero parte della cultura occidentale, noi scommettiamo solo sull’economia e abbiamo una filosofia in cui il singolo vale di più della comunità. Stiamo entrando in un vicolo cieco, senza considerazione per il nostro passato, e anzi cercando di cambiarlo. In questo mondo perderemo la cultura che ci ha dato Leonardo da Vinci, Michelangelo, Fellini, Moravia e se continuassi a elencare le radici della cultura occidentale non mi fermerei fino a domani. Siamo pronti a prendere le radici della nostra cultura e difenderle fino all’ultimo? San Pietroburgo e Mosca sono molto integrate nella cultura europea. In Cina costruiscono città che somigliano a San Francisco o a Houston. Per me l’Eurasia è una entità geografica e culturale, quindi potrebbe essere che la cultura europea avrà il destino di estendere il suo influsso in Oriente».
GDC: «A mio parere il rispetto delle altre culture viene dalla conoscenza, e la conoscenza viene dallo studio, e lo studio viene dalla lettura, e la lettura viene dal guardare alla bellezza e costruirsi una cultura personale. Se io parlo con qualche giovane, per esempio di storia italiana, mi accorgo che niente è consolidato, tutto è messo in discussione perché allo stesso tempo abbiamo un fiume di informazioni ma una mancanza di conoscenza».
EK: «Il leader della rivoluzione è questo oggetto, un cellulare Nokia vecchio di vent’anni».
GDC: «Sono d’accordo con te quando dici di rispettare e preservare la propria cultura, e non vergognarsene. È da matti vergognarsi di Cristoforo Colombo, per esempio, perché ha conquistato l’America. Non si può giudicare tutto con le nostre categorie morali. La Bibbia, per esempio, è terribile, da Caino in avanti è piena di sanguinosa distruzione».
EK: «Quello è il Vecchio Testamento, bisogna fare una distinzione».
GDC: «Sì, intendo il Vecchio Testamento, certo. Dovremmo approcciare il passato prendendo atto che i nostri antenati hanno fatto cose buone e cose terribili. Noi non faremo cose altrettanto terribili, ma saremmo in grado di fare cose così buone? Quando ho mostrato Underground a mio figlio di 16 anni lui era entusiasta e mi ha chiesto “da dove viene?” e gli ho raccontato della grande cultura serba e balcanica che rappresenti.
Un’opera dura per sempre: così come difendo la mia cultura, devo rispettare quelle degli altri».
EK: «Era quello che cercavo di dire prima. Le nuove civiltà non devono dimenticare o distruggere ciò che è venuto prima. Stiamo vivendo un tempo di cancel culture , un tempo in cui il linguaggio del cinema è cambiato in una lingua commerciale. Stiamo affrontando un tempo in cui il modo in cui i film vengono girati, distribuiti e visti è completamente diverso da quello del tempo in cui siamo cresciuti. La rivoluzione tecnologica è iniziata dopo la Seconda guerra mondiale e ci ha portato un gran mal di testa.
Come hai detto prima, hai un fiume di informazioni ma come le approcci? Come selezionare ciò che vedi? Come capire il mondo, e come capire la storia per capire il futuro?
Il potere del capitalismo sta cancellando la nostra memoria e lo sta facendo appositamente per renderci incapaci di capire, per farci diventare ottimi consumatori.
Le domande non sono le benvenute in un mondo che vende e compra».
GDC: «Che ruolo ha, o dovrebbe avere, la cultura?».
EK: «La cultura è una radice, uno degli elementi fondanti della nostra esistenza. Per esempio io non posso vivere senza un film come Novecento , è impossibile per me.
Ciò che possiamo fare infatti è aiutare il trasferimento tra le culture. L’Eurasia, per me, è un territorio dove dovremmo condividere tutti gli elementi che ci hanno formato: la pop art non è più significativa di Michelangelo.
Dostoevskij parlava male di Francia e Germania, ma resta un grande punto fermo della cultura europea».
GDC: «Pensi che il virus ci abbia portato verso il progresso?».
EK: «Il virus ha portato a un grande cambiamento in tutto il mondo. È qualcosa che ha catalizzato i processi che stanno cambiando l’economia della società. Come posso accettare il distanziamento sociale in un mondo in cui è già stato imposto dal capitalismo? Io penso che la pandemia, prodotta da un virus forse prodotto in laboratorio, sia uno dei maggiori inganni di un tempo che vede nuovi livelli di riorganizzazione, tecnocrazia e nuovi modi autoritari di controllare le persone. L’unico modo per uscirne e non deprimersi è capire che stiamo sperimentando un nuovo modo di controllare e riorganizzare la cultura occidentale, della quale penso che anche la Serbia faccia parte».
GDC: «Ma se guardo alla situazione italiana vedo che in ognuno di noi c’è un grandissimo desiderio di tornare a una vita normale, quella prima della pandemia. Quindi questo “essere insieme”, questo rifiuto per il distanziamento sociale è così profondo nel nostro Dna, che penso che uno scenario come quello di cui parlavi prima non possa vincere, non può avere successo. Sono più spaventato da vedere tutti che fanno finta di ballare, perdendo diritti civili e perdendo libertà, giorno dopo giorno, senza esserne consapevoli.
Una forma gentile di reazione, con meno vittime che nel passato.
Questa è la mia paura».
EK: «Hai assolutamente ragione.
Sotto ciò che chiamiamo pandemia, c’è una grande rivoluzione del senso di controllo di quello che facciamo nella nostra vita. Quindici anni fa era impossibile immaginare che le telecamere potessero essere nel nostro soggiorno, nelle nostre strade. Perché ci è imposto questo controllo? Capisco l’emergenza sanitaria, ma cosa accadrà la volta successiva quando la crisi sarà di origine politica o economica?
Faranno lo stesso. Il prossimo step sarà che ci chiuderanno in cantina, come in Underground. Stiamo affrontando una “dittatura soft” che sta ingabbiando le nostre vite, i nostri spostamenti, il nostro controllo, in modo più stretto di quello che lo stesso George Orwell avrebbe potuto immaginare».
GDC: «Emir, nel tuo futuro, musica, romanzi, film, che altro?».
EK: «Ho scritto un libro su Peter Handke, e un film che si intitola
Sono colpevole, una reinterpretazione dei due eroi di Dostoevskij portati ai giorni nostri.
Come Myškin de L’Idiota diventa Raskol’nikov di Delitto e castigo. La sceneggiatura è finita e ora devo trovare degli investitori».
GDC: «Ho un piccolo sogno, scrivere un film per Emir Kusturica.
Magari un giorno».
EK: «Perché no? Ne sarei più che felice. Mi viene in mente l’invito di Dostoevskij: “Non scrivere qualcosa che è totalmente inventato, ispirati a qualcosa che è accaduto e trasformalo in arte”».
©RIPRODUZIONE RISERVATA f
I nostri antenati hanno fatto cose buone e cose terribili Noi non saremo altrettanto terribili, però riusciremo a fare cose così buone?
Grazie al virus ci hanno imposto il controllo: il passo successivo sarà rinchiuderci in cantina, come in “Underground”

GIANCARLO DE CATALDO, EMIR KUSTURICA, da Repubblica

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