“Recuperare subito i gravi ritardi nell’attuazione delle opere di
adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione calabresi,
aumentare i controlli sia sulle acque trattate che sui fanghi. I fondi ci
sono e vanno spesi bene e subito per non compromettere ulteriormente la
qualità del mare, vera grande risorsa di questa terra”. Portare a termine la vera grande opera pubblica di cui necessita la
Calabria: l’attento monitoraggio degli impianti di depurazione esistenti,
il loro corretto funzionamento e un programma di interventi di
efficientamento e adeguamento che permetterebbe una volta per tutte di
uscire dall’emergenza depurativa che rischia di compromettere
irrimediabilmente una delle maggiori risorse di questo territorio.
È l’appello che arriva da Goletta Verde, la storica imbarcazione di
Legambiente che ha ripreso il suo viaggio lungo la Penisola per la tutela
dei mari e delle coste italiane e in questi giorni sta facendo tappa a
Cetraro.
Oggi, giovedì 7 luglio, al Centro Velico di Cetraro, alle ore 16,
Legambiente presenterà il dossier “I fanghi di depurazione: la storia
continua – A che punto è la depurazione in Calabria?”. Numeri, storie e
riflessioni illustrate da Aldo Perrotta, comitato scientifico Legambiente
Calabria; Luigi Sabatini, direttore Legambiente Calabria e Giorgio Zampetti
responsabile scientifico Legambiente. Saranno presenti, inoltre, Angelo
Aita, sindaco Comune di Cetraro e Giuseppe Aieta, presidente della II
Commissione del Consiglio Regionale.
Secondo i numeri raccolti nel dossier di Legambiente, la Regione Calabria
ha una potenzialità nominale complessiva di depurazione pari a 2.786.725
abitanti equivalenti su un totale (dati Istat) di 3,7 milioni, cioè il il
75 % del totale. Un dato che però si abbassa notevolmente se si analizza la
reale capacità di trattare adeguatamente gli scarichi, secondo gli standard
previsti dalle normative europee. Stando ai numeri dell’Istat (Censimento
delle acque di giugno 2014 con dati al 2012) ad essere trattati in maniera
adeguata è il 51,5% del totale del carico generato. Criticità che si
ritrovano anche nel quadro delineato dall’ultima procedura d’infrazione
aperta nei confronti dell’Italia che comprende anche 130 agglomerati
calabresi, il 62% del totale regionale, per un totale di circa 1,3 milioni
di abitanti equivalenti (ovvero il 36%). Condanne e procedure che, stando
alle stime dell’unità di missione del Governo Italia Sicura costerebbero
alla Calabria, a partire già da quest’anno e fino al completamento degli
interventi di adeguamento richiesti, 38 milioni di euro. Oltre
l’adeguamento degli impianti rimane anche il problema del loro
sottoutilizzo. Infatti dall’analisi dei dati forniti alla Regione Calabria
emerge che alcuni impianti risultano utilizzati in maniera molto ridotta.
“Eppure i soldi per risolvere queste criticità erano già pronti, ma come
spesso accade a mancare all’appello sono stati progetti concreti e
immediatamente realizzabili a cui destinare i fondi – sottolinea Luigi
Sabatini, direttore di Legambiente Calabria -. Proprio per far fronte alla
prima condanna del 2012 era stato stimato un fabbisogno totale per la
Calabria di circa 243 milioni di euro e di questi la delibera CIPE 60/2012
ne stanziava 160 milioni circa a cui si aggiungevano altri 83 milioni da
altre risorse. Ma stando all’ultimo aggiornamento relativo all’impiego di
questi fondi (aprile 2015), in Regione sono state sbloccate opere solo per
104 milioni di euro (per un totale di 8 interventi) e rimangono bloccati
ancora 10 opere per ulteriori 140 milioni di euro circa”.
“Abbiamo già avuto modo di apprezzare lo sforzo economico e di intervento
della Giunta regionale della Calabria, ma non possiamo però esimerci dal
sottolineare i ritardi con cui si sta operando – aggiunge Giorgio Zampetti,
responsabile scientifico di Legambiente -. Questo nonostante gli stessi
amministratori hanno ammesso che il problema depurativo è una criticità che
probabilmente è alla base del forte decremento delle presenze turistiche
registrato nella nostra regione. E i problemi purtroppo sembrano non
mancare neanche durante quest’estate, come si evince dai numerosi casi
segnalati da bagnanti e turisti alle amministrazioni competenti e alla
stessa Goletta Verde”.
Anche sul fronte dei controlli e delle operazioni delle forze dell’ordine
non mancano dati preoccupanti. Sono 53 i depuratori sequestrati e 322 gli
illeciti accertati tra il 2015 e il 2016, senza sottovalutare le
problematiche di manutenzione della rete fognaria. Tra gli ultimi casi da
segnalare su questo c’è sicuramente il caso dell’inchiesta Tempa Rossa, che
ha portato alle dimissioni della ministra Guidi, e che coinvolto anche la
Calabria. Secondo la procura di Potenza i rifiuti speciali pericolosi,
provenienti dagli scarti di lavorazione degli idrocarburi dell’impianto Eni
di Viggiano, venivano smaltiti illecitamente in alcuni depuratori della
Calabria. Avrebbero sversato tonnellate di veleno in impianti non
autorizzati al trattamento di rifiuti speciali pericolosi.
Il dossier di Legambiente si pone anche un altro obiettivo importante,
quello di far luce sulla questione dei fanghi di depurazione, su cui ancora
oggi c’è una scarsa conoscenza e, come evidenziano i dati riportati nel
dossier, anche poca chiarezza nella loro gestione e scarsità di
informazioni.
“Il controllo delle quantità di fanghi prodotti e il loro smaltimento
legale è la condizione indispensabile per l’eliminazione di uno dei
problemi più rilevanti che ritroviamo nei nostri mari – dichiara Aldo
Perrotta, del comitato scientifico di Legambiente Calabria -. La domanda
che ci poniamo è questa: che fine fanno quei fanghi che non vengono
denunciati? La mancanza di informazioni sulla quantità di fanghi prodotta
crea di conseguenza anche una mancata trasparenza sulla loro gestione,
sugli impianti di destinazione finale, dando adito a fenomeni di
trattamento e smaltimento illegali che inquina il nostro ambiente sia esso
il terreno o il mare circostante”.
Analizzando i pochi dati sui fanghi di depurazione che vengono trasmessi al
Dipartimento Ambiente della Regione emerge che lo smaltimento dei fanghi
avviene in parte in impianti di compostaggio, in parte in agricoltura e in
minima parte in discarica. Se l’utilizzo dei fanghi come materia prima per
il compost o direttamente come ammendante in agricoltura fosse
correttamente fatto sarebbe un modo virtuoso di utilizzo degli stessi
fanghi. Purtroppo è deficitaria la presenza di impiantistica per la
produzione di compost né vi sono dati sulle operazioni che hanno consentito
di smaltire i fanghi in agricoltura.
Inoltre tra l’attività di monitoraggio dei dati della Regione Calabria sui
fanghi prodotti dai depuratori e i controlli sulla qualità dell’acqua
depurata da parte di Arpacal non vi è alcun rapporto. La conformità delle
acque trattate da un depuratore non vengono inoltre messe in relazione con
i fanghi prodotti dallo stesso.