Tito Livio ci narra che nel 180 a. C. fu deciso per editto di deportare nel Sannio, via terra e via mare, prima 40.000 e poi 7.000 Liguri Apuani, una popolazione orgogliosa e irriducibile che abitava gli opposti versanti delle Alpi Apuane e che era riuscita a impegnare in una guerra tremenda e lunghissima (oltre 50 anni) le soverchianti forze dei Romani. Questi ultimi, però, vollero sentirsi generosi e alla fine, dopo aver costretto i Liguri Apuani a lasciare le terre in cui erano nati e ad abbandonare i sepolcri degli antenati, dettero loro centocinquantamila libbre d’argento a mo’di buonuscita.
Ho sempre pensato che gli elbani, per quanto di indubbia origine etrusca, assomiglino un bel po’ ai Liguri Apuani, con i quali sembrano avere in comune un DNA condito di fierezza e ostinazione ma anche, almeno a detta di osservatori calati dalle capitali del sapere, di non poca ignoranza. E’ forse per questo che i miei conterranei hanno respinto la recente proposta di trasferimento di massa in Montenegro senza considerarne gli effetti benefici. Che sarebbero di tutto rispetto, quasi insuperabili, quanto a ritorno di immagine e di pubblicità. Infatti non c’è dubbio che, in tempo di pace, la traslazione di 28.000 indigeni di nascita o d’elezione entrerebbe di diritto nel Guinness World Records.
Tralasciando le trasmigrazioni di popoli e passando dal faceto al serio, non credo di dire un’eresia se affermo che, pur in mezzo a corposi difetti e a mille errori, gli Elbani amano la loro isola non meno di quanto Romani e Milanesi amano le loro città. Per di più, sorretti da una innata dose di equilibrio e di rispetto per gli altri, mai si sognerebbero, nemmeno per scherzo, neppure per provocazione, di invitare una qualsiasi comunità a emigrare perché in malafede e indegna della propria terra. La verità è che la stragrande maggioranza degli Elbani la propria terra ha tentato di difenderla da miriadi di assalti alloctoni e da sciami di colonizzatori, antichi e moderni. Lo ha fatto per millenni e continuerà a farlo, senza bisogno di sciacquare i propri panni in Montenegro o altrove.
Michelangelo Zecchini, direttore del dipartimento Archeologia Forum Unesco