Italo Toni e Graziella De Palo: i due giornalisti scomparsi a Beirut 40 anni fa

0
754

Per anni la vicenda è stata coperta dal segreto di Stato. Solo nel 2014 c’è stata una parziale desecretazione degli atti. Storie di depistaggi e segreti inconfessabili. Oggi ad occuparsi del caso di Graziella De Palo è l’ex giudice Carlo Palermo, contattato nel 2016 dalla famiglia De Palo. Lo stesso avvocato che si occupa del caso Ilaria Alpi, l’inviata del Tg3 uccisa in Somalia nel 1994 insieme all’operatore Miran Hrovatin. 

Un passo dell’articolo di Graziella De Palo

In «Libano la presenza di un ex-agente del Sid, che insieme ad altri agenti inviati da imprese italiane svolge un ruolo di «base» per lo smistamento delle armi in tutto il Medio Oriente e l’Africa». È un passo di un articolo di Graziella De Palo pubblicato su Paese Sera del 21 marzo 1980 sul traffico d’armi nel quale era coinvolta l’Italia. Quattro morti che si celano dietro le inchieste scomode che i giornalisti stavano seguendo: Graziella e Italo in Libano, Ilaria e Miran in Somalia. Seppure in periodi diversi, prima Graziella e poi Ilaria, si stavano occupando di un traffico di rifiuti tossici, di malaffare, che coinvolgeva il nostro Paese. Entrambe avevano collaborato con Paese Sera. Ilaria sulle tracce di Graziella?
La loro scomparsa risale al 2 settembre 1980, esattamente 39 anni fa. I due giornalisti sono stati visti per l’ultima volta a Beirut, in Libano. Poi nulla. Si sa che si stavano occupando di un traffico d’armi e sulle relazioni tra Sismi e Organizzazione per la liberazione della Palestina. Italo Toni, classe 1930, di Sassoferrato, era un esperto di Medio Oriente, aveva collaborato con diverse testate italiane e internazionali. Fu autore di un scoop. In particolar scoprì l’esistenza di campi di addestramento della guerriglia palestinese in Giordania, che fu pubblicato sul settimanale francese Paris Match.
Graziella, classe 1956, di Roma, aveva solo 23 anni quando partì per il Libano. Stava indagando su traffici d’armi per il quotidiano Paese Sera con cui collaborava e per L’astrolabio. Oggi – a distanza di quasi 40 anni – i loro corpi non sono stati trovati. A ricordare i due giornalisti un parco a Sassoferrato e due viali a Roma, dentro il parco archeologico di Villa Gordiani, nel Municipio VI. Poi il silenzio. Ma non della famiglia della ragazza, che proprio lo scorso anno ha presentato due denunce per far riaprire il caso. Adesso la decisione è della Procura di Roma.

La partenza: quei dieci giorni in Libano

Graziella e Italo si trovavano a Beirut da dieci giorni, erano partiti un mese prima della loro scomparsa.  I due giornalisti erano stati ospitati dal fronte popolare per la liberazione della Palestina. Era una formazione di estrazione marxista guidata da george Habbash. L’uomo aveva promesso ai due che li avrebbe portati al sud, sulle colline dove si trovava il castello di Beaufort, sulla linea dello scontro con l’esercito israeliano.

La guerra civile libanese che i due giornalisti, insieme alle loro inchieste, erano andati a seguire, scoppiò il 13 aprile del 1975. La causa fu il massacro di un gruppo di persone che stava assistendo alla consacrazione di una chiesa proprio nel quartiere Ain Remmaneh ad opera dei combattenti palestinesi che non risparmiarono colpi di mitra. Il bilancio fu di quattro morti e sette feriti. Seguì una risposta violenta che provocò la morte di 27 persone, crivellate da colpi, mentre viaggiavano su un autobus che era carico di feddayn armati, che stavano rientrando dopo una parata. Da qui si scatenò la guerra civile in Libano: da una parte i cristiani, appoggiati da Israele, dall’altra i musulmani, sostenuti dalla Siria e poi dall’Iran.

Cosa avvenne il 2 settembre 1980

I due inviati confermarono le stanze in albergo. Poi avvisarono l’ambasciata italiana, quindi partirono con alcuni membri del Fplp il 2 settembre 1980. Da allora si sono perse le loro tracce.

Le indagini sulle tracce di Graziella e Italo

Stando alle indagini, ci sarebbero sulla loro scomparsa collegamenti con la P2 e i servizi segreti. Il segreto di Stato poi allora fu opposto al magistrato inquirente dal colonnello Stefano Giannone, uomo del Sismi a Beirut in quel periodo. Era proprio sull’uomo che la giornalista italiana stava indagando.

Il “Lodo Moro”

Si tratta di un patto che dal 1970 avrebbe permesso all’Olp di fare nel nostro Paese attività paramilitari sotto copertura, e in cambio in Italia non sarebbero dovuti avvenire attentati terroristici. Le prime tracce del “Lodo Moro” si scoprirono già nel 1979. Non è quindi da escludere che i due reporter ne fossero a conoscenza ed eliminati proprio per farli tacere. A conferma dei traffici illegali, c’è la testimonianza di Patrizio Peci, un terrorista pentito che rivelò che le armi che transitavano in Medio Oriente arrivavano alle Brigate Rosse italiane. Ecco cosa fece mettere a verbale: «Vi fu da parte dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina una fornitura di armi, esplosivi, plastico, bombe ananas, mitragliatrici pesanti e mitragliatrici tipo Sterling che per tre quarti era destinata alle Br e per un quarto alle eventuali operazioni dell’Olp sul territorio italiano».

Articolo precedenteArcelorMittal, acciaieria 1 chiusa per due mesi
Prossimo articoloSlittino, Fischnaller conquista il titolo europeo a Lillihammer

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here