Una foto. Tutto ha inizio da una foto descritta all’interno di un romanzo: una signora ormai ottantenne, Hedwig, ritiratasi a vivere in Spagna, riceve in dono il libro e crede di potersi riconoscere in quell’immagine ormai sbiadita, che ritrae un’anonima famiglia svedese, in un’epoca ormai lontana. È il principio di una fitta corrispondenza con l’altra protagonista del romanzo, la scrittrice Sigrid Combüchen che, desiderosa di trovare materiale per il prossimo libro, lascia credere all’anziana donna di abitare nella sua casa d’infanzia, proprio quella della foto. Un inganno ben riuscito, che si protrarrà per un decennio e che, in una raffinata operazione metaletteraria, apre una finestra sulla vita anticonformista della giovane Hedwig, vista attraverso gli occhi della protagonista ormai al tramonto dell’esistenza. In “Cosa rimane della vita” Sigrid Combüchen lancia una vera e propria sfida al lettore: sin dalla prima pagina lo tiene in bilico sul sottile filo che separa la realtà dalla finzione e lo disorienta lasciandolo spiare – talvolta senza riuscire a comprendere fino in fondo – l’intimo ed esclusivo dialogo tra le due protagoniste; ma al tempo stesso, gli apre le porte della propria officina artistica, mostrandogli in presa diretta la potenza manipolatrice della letteratura nei confronti della realtà.
* Cosa rimane della vita * di Sigrid Combüchen (Ed. Ponte alle Grazie, trad. di Sara Culeddu, pp. 508, euro 19,60).