Nella Venezia di fine Quattrocento un giovane ladruncolo ruba una melagrana al mercato di Rialto. Amato Ferrero, lo chef del doge, lo coglie in fallo ed è conquistato dall’eleganza del gesto: il furto di una melagrana, non di “pane muffito con cui riempirsi la bocca senza pensare”. Per questo, invece di denunciarlo, decide di prenderlo con sé come apprendista. Per Luciano è l’inizio di una nuova e sorprendente vita nel mondo sfarzoso e spietato dell’oligarchia veneziana. La città è in subbuglio per via di un libro misterioso da tutti desiderato: lo vuole il doge, per avere la formula dell’immortalità e guarire dal mal francese; lo ricerca il papa, Alessandro VI, per accrescere il suo smisurato potere sotto il manto della lotta all’eresia. Così – mentre alla tavola del doge si alternano potenti, dotti e maneggioni – nelle cucine della Serenissima Luciano viene sedotto dalla straordinaria filosofia dei sapori che anima il suo maestro, perché Amato Ferrero non è soltanto il custode della gastronomia veneziana, ma nasconde un sapere proibito e pericoloso, da difendere e tramandare.
“L’apprendista di Venezia”, di Elle Newmark (Ed. Longanesi, trad. di Elisabetta Valdrè, pp. 384, euro 18,60).