Il monastero delle anime perse

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Il monastero di Wat Yai si trova in una sperduta campagna vicino a Bangkok. Potrebbe essere il luogo ideale per trovare la calma e la pace necessarie per meditare, se l’abate Uddi non avesse deciso di costruirvi un parco di divertimenti dove sono messi in scena i supplizi che attendono i peccatori dopo la morte: “Il Giardino dell’Inferno”. I visitatori sono tantissimi, tutti morbosamente attratti dalle rappresentazioni raccapriccianti e dagli animali feroci che si annidano nella macchia. Ma una mattina di novembre, una tragica scoperta rende la violenza drammaticamente reale: sorella Moi è stata sbranata viva dai coccodrilli. L’abate e la polizia sembrano ben contenti di liquidare tutta la faccenda dichiarando che si tratta di un suicidio, ma non hanno fatto i conti con la determinazione di un investigatore un po’ particolare. Anticonvenzionale ex poliziotto, padre Ananda ha indossato la tonaca buddhista dopo la tragedia che ha investito la sua famiglia. Ma il passato non lo abbandona tanto facilmente e le sue doti sono state notate dagli alti ranghi dell’ordine. Ecco perché, insieme al suo fedele discepolo Jak, un piccolo orfano che ha salvato dalla strada, è stato inviato a Wat Yai per indagare sul sospetto suicidio.

“Il monastero delle anime perse”, di Nick Wilgus (Ed. Garzanti, trad. di Barbara Bagliano, pp. 204, euro 16,60).

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