Una Milano di fine Quattrocento popolata da Signori, dame e cavalieri, dove i giochi di potere, proprio come oggi, stabiliscono l’autorità e il controllo della ricchezza. Siamo nel 1483, il duca Ludovico Sforza, detto il Moro, e il suo ospite, l’ambasciatore di Francia, hanno entrambi messo gli occhi su un dipinto, che Leonardo da Vinci ha portato con sé da Firenze. Per stabilire chi di loro si aggiudicherà quel capolavoro, i due nobili si sfidano a una partita a scacchi viventi. Durante il gioco, però, accade l’irreparabile: il conte di Ferrara, che impersonava l’alfiere bianco, viene trovato morto nel cortile del castello. L’omicidio getta l’ombra del sospetto sulla corte e il Moro, temendo che si tratti di una congiura ordita da uno dei suoi consiglieri, chiede l’aiuto di Leonardo, l’unico uomo la cui integrità non potrebbe mai essere messa in dubbio. Il maestro accetta d’indagare sull’assassinio, ma, per poter raccogliere tutti gli indizi, ha bisogno di osservare il personale del castello senza dare nell’occhio, cosa che, data la sua fama, gli è impossibile. Perciò si affida all’abilità e alla scaltrezza del suo nuovo apprendista, Dino. Compito non facile per il giovane, che dovrà sia aiutare Leonardo a smascherare il colpevole sia riuscire a tenere celato il proprio pericoloso segreto.
* La mossa dell’alfiere * di Diane A.S. Stuckart (Ed. Nord, trad. di Roberta Zuppet, pp. 360, euro 18,60).