I mezzi di informazione sono tenuti a tutelare la riservatezza dei minori coinvolti nei fatti di cronaca evitando la diffusione di dettagli personali che, seppur in maniera indiretta, li rendano pubblicamente riconoscibili.
Lo ha ribadito il Garante per la protezione dei dati personali (con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti) prendendo in esame il ricorso di due coniugi altoatesini che lamentavano un caso di violazione della privacy dei due figli minori da parte di alcuni mezzi di informazione locali e nazionali. In occasione dell’arresto dello zio dei minori per presunti abusi nei loro confronti, Tv, quotidiani locali e agenzie di stampa nazionali avevano infatti diffuso informazioni non indispensabili riguardanti l’indagato, i due minori e i coniugi stessi. Alcune testate avevano, per giunta, rivelato il grado di parentela dei minori con l’indagato, la loro età, il sesso, il luogo di residenza e di villeggiatura, arrivando ad includere – in alcuni casi – anche la professione del padre.
Di fronte all’evidente eccesso di dettagli inerenti la vicenda, la coppia aveva quindi segnalato all’Autorità il rischio che l’insieme di queste informazioni potesse rendere i due minori potenzialmente identificabili, specie in ambito locale, e che questo potesse arrecare gravi danni alla loro personalità.
Il Garante nell’accogliere il ricorso dei coniugi – sulla base di quanto stabilito dal Codice deontologico dei giornalisti e dal Codice Privacy – ha vietato l’ulteriore diffusione, anche su Internet e radio tv, di informazioni riguardanti i minori e i loro genitori che possano renderli identificabili.