Da Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” riceviamo e pubblichiamo
Non sono passati sei mesi dall’inizio dell’anno e solo uno dall’inizio della stagione estiva che l’Istituto Superiore della Sanità lancia un primo allarme a tutti i fruitori del mare, di laghi e fiumi: sono già quasi 160 le morti per annegamento secondo l’ente dello Stato che ha catalogato sino alla fine di luglio ben 157 casi di annegamento, di cui il 46% nel mare, il 20% nei fiumi, il 15% nei laghi, e l’11% nei canali.
Lo stesso ISS specifica, inoltre, che i 3/4 degli eventi segnalati è accaduto solo negli ultimi 3 mesi e quindi riguarda più che altro turisti. Tuttavia, ha precisato che tali cifre non costituiscono una sorpresa, tenuto conto della grande estensione delle coste italiane, ma semmai stupisce l’aumento di annegamenti nei fiumi, laghi e canali che costituisce un vero e proprio boom negativo anche in considerazione del minor numero di frequentatori delle acque cosiddette interne.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, ritiene utile ribadire queste tragiche cifre per riportare l’attenzione su un fenomeno che secondo i dati disponibili, causa circa 380-390 decessi e 440-450 ricoveri l’anno in Italia, costituendo, peraltro, la terza causa di morte accidentale dopo i sinistri stradali e le cadute e per sensibilizzare i cittadini e gli enti deputati ai controlli di diritto privato o pubblico che siano, al fine di poter porvi un argine anche perché nella fattispecie le cause principali di annegamento sono da rinvenirsi nell’imperizia e nella sottovalutazione dei pericoli, spesso associate a malori improvvisi.
In primo luogo, al di là del richiamo a tutti i cittadini ad osservare alcune regole fondamentali che riguardano la tutela della propria persona, tipo di non sfidare il mare grosso o non nuotare in mare aperto se non si è esperti nuotatori, non farsi il bagno dopo mangiato o se non ci si sente bene, non affrontare la corrente di torrenti e fiumi, un particolare riferimento ed un appello all’attenzione dev’essere rivolto nei confronti dei genitori o tutori di figli minori, poiché troppo spesso la mancata sorveglianza dei bambini è causa di conseguenze tragiche in mare o nelle acque interne.
In secondo luogo, si pone l’ulteriore problema della scarsa sorveglianza in determinate parti del territorio nazionale da parte di personale appositamente addestrato. La probabilità che tali tipi d’incidenti accadano, infatti, si riduce progressivamente nelle zone vigilate da bagnini.
L’auspicio è che venga adottata una normativa nazionale che estenda l’obbligo di vigilanza attraverso l’utilizzo di bagnini su tutta la costa dei comuni rivieraschi e non solo nelle spiagge attrezzate.
In un Paese a vocazione turistica qualche piccola torretta alla “Baywatch” sulle nostre spiagge che vigili sui cittadini e per la tutela dell’ambiente costiero, non guasterebbe.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”