L’Italia che invecchia e non si adegua

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L’Italia invecchia sempre più. La conferma questa volta viene dall’UE ed in particolare dal libro bianco della Commissione Europea sui sistemi previdenziali presentato nei giorni scorsi dal Commissario Ue all’occupazione e pubblicato sul sito del ministero del Lavoro . Secondo i dati forniti, i lavoratori italiani avranno nel 2020 l’età di pensionamento più alta in Europa, con 66 anni e 11 mesi, seguita dalla Germania con i suoi 65 anni e 9 mesi e i 66 tondi della Danimarca.

Una nota positiva viene dal fatto che a seguito delle riforme sul sistema previdenziale e al meccanismo che lega l’età di pensionamento alla speranza di vita, nella scheda sui diversi sistemi pensionistici, l’Italia risulta essere insieme alla Germania e all’Ungheria, uno dei Paesi a non avere ricevuto raccomandazioni specifiche sulla materia circa la sostenibilità del proprio sistema.

Ma agli italiani, le riforme costeranno di più e il raggiungimento della agognata pensione sembrerà quasi un miraggio se si pensa che avremo l’età più alta di uscita dal lavoro anche dopo il 2020 (70 anni e tre mesi per maschi e femmine nel 2060) superando abbondantemente la Germania (67), il Regno Unito (68) e l’Irlanda (68).

Come è noto nel 2009 in Italia l’età per la pensione di vecchiaia era fissata a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, ma grazie alla possibilità di uscire dal lavoro con la pensione di anzianità (59 anni di età e 35 di contributi dal luglio 2009 o 40 anni di contributi a qualsiasi età) l’età media di pensionamento era di 60,8 anni per gli uomini e 59,4 per le donne.

Se prendiamo a paradigma la Germania di tre anni fa, a fronte dei 65 anni previsti per uomini e donne, per il pensionamento di vecchiaia la media per l’uscita dal lavoro era di 62,6 anni di età per gli uomini e 61,9 per le donne.

Il libro bianco evidenzia anche una proiezione sull’andamento dei cosiddetti tassi di sostituzione, tra la pensione e il reddito da lavoro precedente con un calo per l’Italia tra il 2008 e il 2048 (a parità dell’età di pensionamento, che si avvicina al 15%, ciò in conseguenza del cambiamento del sistema da retributivo a quello contributivo. Anche se vi è da precisare che la riduzione sarà inferiore al 5% se si pensa che i lavoratori saranno costretti a lavorare più a lungo.

L’analisi evidenzia come in Italia la speranza di vita a 65 anni nel 2010 fosse 18,2 anni per gli uomini e 22 per le donne, ma anche che entro il 2060 la speranza di vita alla nascita in Europa dovrebbe aumentare rispetto al 2010 di 7,9 anni nei maschi e di 6,5 nelle femmine.
Gli innumerevoli problemi che nascono da questi cambiamenti nella società e nel mondo del lavoro per Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, non riguardano solo la sostenibilità dei sistemi pensionistici che sicuramente saranno messi a dura prova se non verranno sviluppate e attuate strategie globali per adeguare i regimi pensionistici all’andamento della contingenza economica e demografica, ma soprattutto dalla necessità di garantire migliori opportunità per uomini e donne anziani di restare sul mercato del lavoro, come ha tenuto a precisare anche la stessa Commissione.

Per tali ragioni, i Nostri governi hanno l’obbligo di ripensare sin da subito lo stesso sistema del mercato del lavoro con misure strutturali a partire dall’adeguamento dei luoghi di lavoro e dell’organizzazione del lavoro, oltre alla promozione dell’apprendimento durante tutto l’arco della vita, nonché politiche efficienti capaci di conciliare lavoro, vita privata e familiare. Insomma, misure per sostenere un invecchiamento sano, lotta alle diseguaglianze di genere e alle discriminazioni basate sull’età.

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