Disabilità: fa discutere la giusta sentenza del Tribunale di Roma sulle barriere architettoniche alla fermata del bus

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Ha fatto discutere, e non poco la sentenza del Tribunale di Roma che ha condannato l’amministrazione capitolina al pagamento di cinquemila euro di danni non patrimoniali nei confronti di un cittadino costretto sulla sedia a rotelle e l’ha obbligata all’eliminazione delle barriere architettoniche con la messa a norma dei marciapiedi alle fermate del bus nel centro di Roma entro un anno.
La decisione rubricata con numero 4929/12 e pubblicata l’8 marzo scorso ha riconosciuto la condotta discriminatoria ai danni di un disabile, dirigente di un’associazione che tutela le persone con seri problemi di salute e mobilità.
Con la legge 67/2006, infatti, è stata introdotta un’azione ad hoc contro le discriminazioni a disposizione del portatore di handicap, che per tali ragioni non risulta titolare di un mero interesse alla corretta azione amministrativa da parte degli enti. A nulla è valsa, quindi, l’eccezione del comune che aveva contestato la giurisdizione del giudice ordinario in favore di quella dei magistrati amministrativi e la legittimazione dell’associazione.
A tal proposito, corrobora l’assunto preso dal tribunale in materia di giurisdizione del giudice ordinario, l’articolo 44 della d.lgs 286/98 che disciplina l’azione civile contro le discriminazioni a danno degli immigrati.
Secondo il giudicante l’ordinamento è, infatti, portatore di uno strumento per reagire agli ingiusti svantaggi che è costretto a patire al portatore di handicap e la delega all’associazione ha assoluta validità ai fini della legittimazione attiva in giudizio.
È pacifico, che le barriere architettoniche alla fermata dell’autobus rappresentino un serio ostacolo per chi è costretto sulla carrozzella se mancano delle apposite pedane sui marciapiedi.
Nella fattispecie, poi, l’amministrazione, non nega che il problema esista. Per tali ragioni la discriminazione del disabile rispetto agli altri utenti del trasporto pubblico locale è pressoché palese. Clamorosa e soddisfacente per tutta la cittadinanza è la condanna che riesce ad ottenere il “coraggioso” attore nei confronti dell’amministrazione dell’Urbe che dovrà realizzare nel ragionevole tempo di un anno, un piano di messa a norma su tutte le linee di trasporto utilizzate abitualmente dal cittadino. A ciò è conseguito anche il risarcimento del danno non patrimoniale che va a compensare il fatto oggettivo di aver subito limitazioni alla libertà di circolazione più che il danno morale soggettivo, che pure in astratto non sarebbe da escludere.
Inoltre, la sentenza dovrà essere pubblicata su di un quotidiano della Capitale a cura del Comune, che è stato condannato anche alle spese di giudizio.
Alla luce di tale importante precedente, Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, fa sapere che l’associazione è pronta ad avviare azioni su tutto il territorio nazionale contro questo tipo di discriminazioni al fine di tentare un ambizioso piano di eliminazione di tali odiose barriere architettoniche a partire dalle singole realtà comunali.

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