Pisa – La crisi economica italiana è l’argomento del momento.
Parliamo di recessione, di disoccupazione, di spread, di BCE, di politici corrotti.
C’è chi rimpiange il comunismo e chi il fascismo, chi gli austriaci e chi i Borboni.
Altri ricordano Andreotti o Berlinguer, Stalin o il Duce ma in realtà, forse, a mancarci sono i valori di un tempo.
Quei valori che avevano risollevato il nostro Paese dopo le Grandi Guerre, che ci aveva fatto rimboccare le maniche e col sudore sulla fronte ci aveva portato ai culmini dell’economia mondiale.
Ci manca l’italiano dell’epoca dei nostri nonni quando, coraggiosamente con una valigia di cartone, s’imbarcava in antiche navi sovraffollate ma piene di speranza, verso le Americhe.
L’italiano che portava la sua fantasia nel Nuovo Mondo e con sacrificio, lontano dai suoi cari, creava dal nulla attività di ogni genere che gli avrebbe permesso di diventare “qualcuno”.
Ricordo quelle donne, come mia madre, che mandavano impeccabili i loro mariti ogni giorno in ufficio o in fabbrica e che la sera, dopo aver svolto il compito d’eccellenza di allevare i figli, gli servivano un piatto caldo fatto con le loro mani e con il loro amore.
Bello è ricordare l’abito della domenica che tutti, poveri e ricchi, custodivano gelosamente nei loro armadi antichi per sfoderarlo nelle grandi occasioni o magari, solo per andare a pranzo dai nonni.
Piacevole era la famiglia numerosa che litigava dopo la solita briscola e le riunioni di Natale fatta non tanto da regali costosi quanto d’affetto.
Bello era veder giocare in calzettoni insieme i ragazzi in mezzo alla strada con una palla fatta di stracci e le ragazze con bambole di pezza che imparavano a fare il pane.
Vi ricordate o potete immaginare, la prima TV in casa che, spesso si metteva vicino alla porta d’ingresso per condividerla coi vicini che ancora non l’avevano?
Pensate come avevano vissuto l’allunaggio, trasmesso via satellite, dell’Apollo 11 e la finale del Messico contro il Brasile di Pelé?
Queste sì che erano emozioni!
Questi sì che erano italiani!
Questi sì erano gli eredi di Roma!
Oggi noi parliamo di colpe, sempre altrui.
Noi diamo la colpa ai politici e loro la danno a noi per il dissesto economico nazionale.
I lavoratori dipendenti la danno ai loro padroni che li sfruttano, agli autonomi che evadono o ai professionisti che se ne approfittano con tariffe stratosferiche.
A sua volta, questi ultimi incolpano del malessere collettivo il lavoro nero, l’assenteismo, il disservizio pubblico, la svogliatezza impiegatizia.
Ma siamo sempre NOI!
Da una parte e dall’altra. Uomini senza più quei valori che portavano a dimettersi un parlamentare se gli veniva insinuata qualche pecca. Non siamo più quei lavoratori onesti che morivano nelle miniere in Belgio per pochi soldi o farmacisti che non pensavano a “vendere” ma a dare cure alla gente.
Questi valori dimenticati ci univano anziché dividerci come ora fa l’egoismo al punto tale che abbiamo distrutto la famiglia, non pretendiamo più disciplina e crediamo di avere solo dei diritti, lasciando i doveri solo agli altri (ma chi saranno mai questi “altri”!).
In nome della libertà abbiamo dimenticato cosa sia il rispetto e senza questo non possiamo mai metterci su di un piedistallo a dare sentenze.
Smettiamo di puntare il dito qua e là, smettiamo di colpevolizzare la politica, certamente disonesta, ma non unicamente responsabile di ogni disagio.
Il cambiamento deve avvenire dall’interno, partendo dal nostro cuore (ammesso di averne sempre uno) e dal nostro stile di vita. Siamo naturalmente consci della differenze tra il bene ed il male, non abbiamo bisogno di migliaia di regole per saper come comportarci. Dobbiamo solo tornare all’umiltà del rispetto altrui e, a questo punto, ci verrà istintivo rallentare dinanzi alle strisce pedonali quando vediamo, magari sotto la pioggia, un’anziana signora con le buste della spesa.
Solo in questo modo torneremo a sentirci fieri di essere italiani.
Solo così troveremo la soluzione ai nostri pensieri.
Solo così migliorerà la nostra classe dirigente.
Claudio Alejandro Galletta