Consumatori: attenzione al “surimi” è pesce macinato… più o meno

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Londra – Il surimi è un prodotto di origine giapponese e nasce dalla secolare esperienza di questo popolo nella conservazione dei prodotti ittici e come tale viene identificato come esotico. Ma questa credenza molto diffusa e radicata è profondamente errata. Il surimi in realtà è solamente “pesce macinato” e pressato, per imitare i granchi ed i gamberi, con una colorazione esterna arancione e bianca all’interno, formato da sfoglie di pesce arrotolate ed è piuttosto insapore.

Si tratta di una lavorazione così diffusa che, come è stato calcolato, circa il 2% del pescato mondiale viene trasformato in surimi.

Il surimi può essere composto da scarti di merluzzo e di merlano, sgombro o pesci asiatici come l’Atka o il suri.

Non si tratta di polpa o tagli scelti, ma solamente di scarti o ritagli industriali che subiscono diverse lavorazioni, come avviene per i preparati di carne (wurstel e insaccati).

Quando è il momento di “camuffarli” in un determinato alimento essi vengono tritati, si elimina il grasso, i pigmenti ed i sapori. Si essiccano parzialmente per eliminare l’acqua in eccesso e poi congelati per i posteri.

Il surimi viene separato in fibre, si aggiunge l’uovo, l’olio, amido, in questo modo prende la consistenza della polpa di granchio.

L’impasto viene poi scaldato per stabilizzarlo.
Forma e aroma hanno un ruolo determinante.
Il surimi viene proposto in forma di bastoncini, a forma di chela di granchio, e persino come “affettato di mare”.

Fondamentali gli aromi: il più utilizzato è quello al sapore di granchio che si associa in modo ideale al colore arancione.

Attenzione però alla reale presenza di pesce: il surimi è in realtà un semilavorato con in contenuto in pesce pari al 30 – 40%, a cui viene aggiunta farina o fecola di patate, grassi vegetali (come l’olio di colza o palma), albume d’uovo e spezie. Non mancano neppure additivi come coloranti ed  esaltatori di sapidità (glutammato monosodico).

Non si tratta quindi di un prodotto pregiato, ma di un mix di carboidrati, poche proteine, grassi e molto sodio. Facendo bene i conti il surimi non è neppure un cibo economico, ma forma e colore hanno spesso la meglio sul valore nutrizionale, come insegnano le patatine fritte.

Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” si appella a tutti i ristoratori e gestori di trattorie affinché eliminino dall’insalata di mare il fastidiosissimo surimi dal gusto dolciastro, che nulla ha a che fare con i sapori del nostro mare!

Inoltre invita i consumatori quando comprano il surimi di porre attenzione ad alcuni dati riportati sull’etichetta: talvolta, purtroppo, viene addizionato con conservanti e/o altri additivi pericolosi.

Alcune marche aggiungono stabilizzanti innocui o al limite una piccola quantità di glutammato, altre invece usano polifosfati che se usati in grandi quantità sottraggono calcio all’organismo diventando assai pericolosi per la salute.

L’importante è sapere che quel granchio non è un granchio!

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