Londra – L’amore è come la matematica di Francesca Caricato
Fiumi di inchiostro sono stati scritti da tuttologi, da sociologi che si perdono appresso alle statistiche, ma anche da filosofi e operatori della psicanalisi per spiegare i meccanismi e le dinamiche delle relazioni, a volte in maniera attenta e analitica, a volte in modo stereotipato, retorico e tristemente sbrigativo e banale.
Poi, la “cultura” del mercato ha dato in pasto a un pubblico sempre più frustrato e voyerista squallide storie, a volte vere a volte create, di relazioni in frantumi, di contorti “amori” disperati, di immaturi che fanno protagonismo in tv senza farsi scrupolo nemmeno della loro dignità e del valore di un sentimento che è sempre più commercializzato e vuoto di significato anche per chi è lontano dalle ribalte.
Ma in realtà, basta osservare i comportamenti delle persone, l’andamento dei cicli dell’animo umano, le modalità con cui le relazioni vengono costruite, il momento della vita in cui iniziano e il tipo di rapporto “costruito” per capire che è più facile di quanto si pensi: basta ragionare in modo matematico, asettico, neutro per capire cosa succede nelle coppie e perché molte relazioni funzionano male, si trascinano o non funzionano.
Ci sono tre tipi di relazioni.
1.La prima, la più tenera e la più completa si dipana tra il periodo della tarda adolescenza e il primo approccio col mondo reale. Due ragazzi s’innamorano di quella che è la fiamma del primo amore che è scoperta di sé oltre che dell’altro, novità, spesso estrema esplosione di follia come nel Romeo e Giulietta di Shakespeare, forza dirompente che travolge tutto e tutti.
Se così si esprime i ragazzi crescono insieme, si completano, avvertono ed esplorano insieme i loro profumi, i loro sapori, il sesso (come espressione fisica, ma anche mentale,) senza il quale non c’è mai amore, ma solo affetto, condividono la scoperta del mondo e di se stessi, vibrano all’unisono coinvolti nelle stesse passioni, osano e immaginano e nell’immaginare cadono, piangono, si consolano, si temprano, si sviluppano, rinascono a nuova vita e iniziano a costruire un progetto che parte da un’approfondita conoscenza e da una grande simbiosi.
Realizzano, in una parola, quello che dovrebbe essere lo scopo di vita dell’uomo: vivere per scoprire e realizzare se stesso attraverso i talenti che tutti hanno e che servono a creare una persona nuova sempre rivolta alla ricerca di qualcosa di più profondo e più unico di sé. Vivere e realizzare se stessi come universo interiore che non scopriamo mai fino in fondo perché siamo talmente immensi e complessi da essere sconosciuti a noi stessi. Vivere e realizzare se stessi nella società di cui siamo parte per consentire il progresso nostro e del mondo. L’amore fa parte di un piano più grande e si è colpevoli di tradimento verso se stessi e verso l’energia cosmica se si rinuncia a questo percorso.
Ogni vita ha il suo senso e il senso di ogni vita si rivela attraverso l’esperienza rischiosa di ricerca di sé che passa per l’Amore.
2.La seconda tipologia di coppia è la più diffusa, forse leggermente sfigata, poco vicina a mio parere a quello che dovrebbe essere il concetto universale di Amore che è dinamismo, gioia e progettuale condivisione. Si tratta di gente che si unisce per lo più, ma non sempre, più o meno in un periodo che Dante definirebbe “nel mezzo del cammin di nostra vita”.
Si tratta di gente ormai disillusa, delusa, che non si stima, che si accontenta perché non ha alternative o di gente che ha paura di rimanere da sola, o di persone che sono incapaci di realizzare se stessi da soli ed hanno bisogno di un’altra persona per esistere, di gente che, nonostante l’età, non sempre ha fatto un percorso interiore di crescita e di realizzazione personale, di gente che non s’arrischia e vive secondo le convenzioni.
Oppure no.
Ma in ogni caso questa tipologia di coppia è formata di solito da una persona che si ritiene “provata” o “ferita” dalla vita (chi non lo è?) e da quella che Giorgio Nardone definirebbe la “leccatrice di ferite”.
Si uniscono sulla condivisione delle pene, delle reciproche tristezze, delle preoccupazioni, si danno conforto l’un l’altro o uno sorregge l’altro come due ubriachi che barcollano per strada appoggiandosi l’un l’altro per non cadere. Sono coppie in precario equilibrio che possono durare appoggiandosi sulla paura di perdere la “sicurezza” e la “comodità” di quell’equilibrio precario.
Non crescono, non si completano, non evolvono, non realizzano il senso della vita né come singole persone, né come coppia. Vivono nella routine, perché la routine le rende incapaci di osare, rende la tranquillità della noia e l’inerzia della vecchiaia.
In queste coppie alberga la noia e la mestizia della vecchiaia e della disillusione, appaiono già stagionate e piatte anche ove formate da gente giovane, sono predisposte al tradimento che altro non è che il termometro che il rapporto è logoro o non appagante in qualche modo.
Qui non si vive la “coppia”, ma l’individualismo nella coppia, perché è chiaro che il cemento è la routine e la paura di affrontare se stessi, che la sintonia e la fiducia manca perché ci si nasconde reciprocamente i malesseri , perché è evidente che se l’amore è dinamismo e gioia, qui c’è la stantia rassegnazione e negatività (routine, paura di affrontare se stessi e le proprie paure).
Questa coppia ipocrita non realizza il senso della coppia e delle singole personalità e della vita, e si trascina se va bene sulla base del solo affetto.
3. La terza tipologia è la coppia formata da gente che consapevole di sé, ha affrontato un percorso interiore, che ha fatto tesoro dell’esperienza, che è cresciuta, sa cosa vuole e non ha paura di attraversare le acque in tempesta e saprà rialzarsi, sa essere critica verso se stessa e vuole realizzare il suo senso nella vita : rischia, combatte, vuole il meglio e non si accontenta anche quando tutto sembra essere contro.
Queste persone hanno addomesticano le disillusioni con la spensieratezza e la potente fiducia dell’adolescente, si aggregano sulla gioia, sull’allegria, sulla voglia di realizzare se stessi e il loro piano nel mondo e formano un ’unicum’ che è la coppia che esiste, si realizza e si nutre delle emozioni insieme alle unità delle singole persone che la compongono.
I singoli individui non scompaiono, ma continuano a vivere e a realizzarsi singolarmente, tuttavia partoriscono insieme con le loro individualità soddisfatte di sé un terzo elemento “la coppia” che è il luogo di espressione nuovo e progettualizzante delle singole individualità e che realizza la dinamica dell’amore.
Questa coppia si aggrega sulla felicità di stare insieme e regge sulla capacità di condividere e superare difficoltà e tristezze tendendo alla ricerca di sé e dell’assoluto. Si completa, si realizza, realizza il senso della vita dei singoli e della coppia e partecipa della progettualità sociale nella quale si esprime. Questa coppia sperimenta se stessa, non si annoia mai, accetta e stimola il rinnovamento e spesso è quella che dura per sempre. Ciò è talmente ovvio se pensiamo che l’Amore è Gioia e Dolore, è Dinamismo, mai stasi, è Creazione, mai fine. Basta pensare alla Genesi.
Le coppie normalmente si aggregano per colmare spesso dei bisogni che col tempo e con le diverse esperienze di ciascun componente cambiano, si evolvono, di trasformano. Perciò, è fisiologico che dopo un certo numero di anni la coppia soffre o scoppia.
Stupido perciò covare come spesso succede acrimonie eterne l’uno nei confronti dell’altro come se non fossero state mantenute delle promesse, o ci fossero delle mancanze, dei torti, delle cattiverie da far pagare. Spesso a fare ragionamenti così immaturi sono le donne, ma non soltanto.
In realtà, è proprio semplice: il compagno/la compagna non è più quello di una volta perché per fortuna è evoluto, ha fatto il suo cammino personale, ha resistito alla vita, alla coppia, ha interrogato se stesso, è cambiato. E così deve essere per realizzare se stessi, per essere migliori. Molta gente non accetta che l’altro cresca, abbia altri bisogni, altre necessità, e la prende come un attacco personale, un venir meno ai patti.
Le coppie che reggono e che stanno bene sono quelle dove o si evolve insieme come nel caso del primo esempio e nell’evoluzione si riesce a trovare un fresco entusiamo e a condividerlo, o uno dei due evolve e l’altro accetta questa evoluzione o il migliore di casi evolvendo ci si innamora nuovamente della stessa persona che è una persona nuova.
Quest’ultimo è il caso che più facilmente si ricollega al terzo esempio ed è straordinario e bellissimo.
Capita a pochi perché pochi hanno il coraggio di esistere veramente.
E’ il caso di quei bei vecchietti che si prendono mano nella mano e che meravigliano il mondo.
Diversamente tutte le coppie e tutte le relazioni hanno fine anche se formalmente si trascinano o sonnecchiano nell’affetto, che in sé è pure una bella cosa, ma non è amore, non è vita, è umano carità.
Ecco che le cose sono molto semplici e … a percorso corrisponde esito, come x sta a y.
Francesca Caricato
Brava Francesca, concordo con te! La terza tipologia di coppia è raro che si avveri…ma quando ciò accade è un sogno in terra! Incrociamo le dita e (almeno noi donne un pò più mature) speriamo di essere in grado di creare una relazione di coppia matura e responsabile in cui ci sia gioia e condivisione, intelligenza e maturità e tanta tanta felicità che ci ripaghi delle disillusioni (forse) digerite!