Londra – L’incidente di Fukushima ha sollevato due questioni chiave in Europa. La prima è: vale ancora la pena utilizzare l’energia nucleare considerando il problema delle scorie e le questioni relative alla sicurezza? E poi: può l’Europa, in mancanza dell’energia prodotta grazie al nucleare, ridurre la propria dipendenza dalle importazioni di petrolio e gas e raggiungere i propri obiettivi per il clima?
Una nuova analisi di Frost & Sullivan, European Nuclear Power Sector, indica che l’energia nucleare è la risposta all’esigenza di raggiungere gli aggressivi target europei per le emissioni di biossido di carbonio e i combustibili fossili. Nonostante i rischi ambientali, l’energia nucleare mostra del potenziale per ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili e pertanto costituirà un elemento importante del mix energetico europeo nel 2020.
“È difficile immaginare che l’Europa possa progressivamente eliminare l’energia nucleare dal suo mix energetico, nonostante la posizione antagonista di Paesi come Germania, Svizzera, Italia e Belgio, in cui probabilmente ci sarà ostracismo rispetto allo sviluppo dell’energia nucleare – osserva Neha Vikash, Energy & Power Supplies Research Analyst di Frost & Sullivan -. Il nucleare avrà un ruolo attivo nella produzione di energia in Europa e nel raggiungimento degli obiettivi ambientali della regione.”
Il numero di nuovi progetti di costruzione di centrali nucleari, nonostante l’incidente di Fukushima, continua ad essere il più alto degli ultimi due decenni – sebbene l’Asia sia in testa per numero di centrali, gli Stati Uniti hanno approvato la prima nuova costruzione dal 1970. Francia, Finlandia, Regno Unito e Svezia hanno tutte confermato il proprio impegno nei confronti dell’energia nucleare. Nell’Europa Centrale e Orientale, anche Polonia, Romania e Repubblica Ceca intendono procedere con nuove unità, dotate di maggiori controlli di sicurezza.
“Anche se alcuni impianti verranno chiusi, gli stati membri come Regno Unito e Finlandia porteranno avanti degli standard di sicurezza migliori e sosterranno la costruzione di nuove centrali nucleari nei prossimi 4-5 anni – afferma Vikash -. Oltre alle nuove costruzioni, questi Paesi si concentreranno anche sull’aumento della quota di elettricità prodotta, a partire da fonti rinnovabili, e sulla diminuzione della propria dipendenza dai combustibili fossili.”
L’energia nucleare resterà un candidato primario nella valutazione dell’Europa delle proprie possibilità per ridurre le emissioni di carbonio. La cattura e sequestro del carbonio (CCS) potrebbe potenzialmente ridurre la dipendenza da carbone e gas. Tuttavia, questa tecnologia si trova ancora in uno stadio nascente e sono pochi i progetti dimostrativi che sono stati implementati.
Le fonti rinnovabili rappresentano la migliore opzione al momento, ma hanno costi rilevanti. Inoltre, le fonti rinnovabili non riusciranno a compensare la produzione di energia su larga scala, attualmente sostenuta dal nucleare, fino al prossimo decennio.
“La dipendenza dalle importazioni, specialmente dal gas proveniente dalla Russia, è politicamente pericolosa – conclude Vikash -. Pertanto, l’energia nucleare sarà una delle poche alternative rimaste all’Europa per riuscire a coprire il proprio fabbisogno energetico e, allo stesso tempo, mantenersi sulla strada giusta verso il raggiungimento dei propri obiettivi per il cambiamento climatico.”
Per maggiori informazioni su questo studio, si prega di contattare Chiara Carella, Corporate Communications di Frost & Sullivan, all’indirizzo chiara.carella@frost.com.