A ciascuno le sue piastrine

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Londra – Per definire “normale” il numero delle piastrine, cellule fondamentali per i processi di coagulazione del sangue, il range deve attestarsi tra un minimo di 150.000 e un massimo di 400.000 (450.000 in alcuni casi) per microlitro di sangue.
Ma questi valori di riferimento, comunemente usati, non sempre rispecchiano la realtà.

A dimostrare l’esistenza di una grande variabilità tra la popolazione italiana, uno studio condotto dagli Istituti di genetica delle popolazioni (Igp) di Sassari, di genetica molecolare (Igm) di Pavia, di genetica e biofisica A. Buzzati-Traverso di Napoli del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), insieme ad altre cinque istituzioni scientifiche italiane (Fondazione di ricerca e cura “Giovanni Paolo II” dell’Università cattolica di Campobasso; Istituto di medicina genetica, Eurac Research di Bolzano; Divisione di genetica e biologia cellulare dell’Istituto scientifico San Raffaele di Milano; Genetica medica del Dipartimento di scienze riproduttive dell’Università di Trieste; Dipartimento di medicina interna dell’Irccs Fondazione policlinico S. Matteo dell’Università di Pavia). La ricerca, coordinata da Ginevra Biino dell’Igm-Cnr di Pavia, è stata pubblicata sulla rivista scientifica PLOS One.

“Quei limiti”, spiega Biino, “attualmente uguali per tutti, dovrebbero adattarsi alle differenze di genere, all’età e alle aree geografiche del nostro Paese”.

Sono stati presi in esame 40.987 soggetti provenienti da 3 studi epidemiologici (1-3) che investigavano la distribuzione della conta piastrinica negli abitanti di 7 aree italiane di cui 6 isolati genetici, importanti per analizzare le malattie complesse grazie all’elevata omogeneità genetica e alla ridotta variabilità ambientale. La disponibilità dei dati di conta piastrinica di un campione così esteso ha permesso l’identificazione di nuovi intervalli di riferimento, sesso ed età-specifici, utili a una diagnosi più accurata di trombocitopenie (espressione di una ridotta produzione piastrinica) e trombocitosi (patologia opposta, caratterizzata dalla presenza di un esagerato numero di trombociti).

“Ciò che abbiamo osservato”, afferma la ricercatrice dell’Igm-Cnr di Pavia, “è che oggi, con un campione così grande di persone studiate, possiamo definire con esattezza che esistono variazioni importanti nel numero delle piastrine. È giunto, quindi, il momento di ripensare quei valori di riferimento uguali per tutti”.

La ricerca mostra come le donne abbiano mediamente un numero più alto di piastrine rispetto agli uomini. “Ma anche l’età è importante”, aggiunge ancora Biino.

“Negli anziani, ad esempio, si nota una diminuzione progressiva. Nei ragazzi al di sotto dei 15 anni, invece, il numero è decisamente più alto rispetto agli altri periodi della vita, senza particolari differenze tra uomini e donne. Infine, difformità significative sono state riscontrate tra le diverse aree del territorio italiano prese in esame. Con questi dati, appare evidente che i valori di normalità non possono essere uguali per tutti”.

Da qui la possibilità di pensare a una nuova definizione dei limiti di normalità per le piastrine del sangue.

I valori usati in laboratorio oggi possono andare bene per l’età adulta, ma non per i bambini e gli anziani dove le differenze si notano maggiormente.
“In futuro”, conclude la ricercatrice, “questi studi potranno contribuire allo sviluppo di nuovi metodi di indagine e quindi a terapie sempre più personalizzate”.

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