Londra – A sostenere che la radiofrequenza è un probabile cancerogeno è il professor Fiorenzo Marinelli, dell’Istituto di Genetica molecolare di Bologna, interpellato recentemente da un’associazione di cittadini svizzeri impegnati contro la costruzione di nuovi ripetitori nei loro territori.
“Un aspetto che desta preoccupazione – ha continuato il professore – è il periodo di latenza che, a differenza di altri inquinanti come l’amianto o il fumo di sigaretta per cui il maggior rischio di tumore si presenta dopo vent’anni di esposizione, negli studi sul cellulare il maggior rischio si presenta solo dopo 10 anni. Questo rende le tecnologie senza fili particolarmente pericolose per gli utenti più giovani”. “Studi epidemiologici mostrano un peggioramento della qualità della vita degli abitanti vicino alle antenne della telefonia mobile, con l’innesco di innumerevoli sintomi cronici (malattie cardiocircolatorie, neurodegenerative, insonnia, tachicardia, ecc.) e un aumento dei casi di tumore.”
“Tutto questo non si può spiegare con gli effetti termici dei campi elettromagnetici, ovvero con la loro capacità di produrre un riscaldamento sulla materia vivente. Si tratta piuttosto di effetti non termici ovvero di interferenze del campo elettromagnetico esterno sul funzionamento bioelettrico delle cellule e dei singoli organi, con alterazioni metaboliche ed epigenetiche (modificazione della regolazione genica nel DNA) che con il tempo possono causare malattie. Ciononostante, le autorità non informano sufficientemente il pubblico sulla pericolosità di queste esposizioni”.
Al di là degli studi e delle numerose ricerche in materia, la solo remota probabilità che ci siano dei dubbi circa rischi per la salute, rileva Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, dovrebbe spingere le autorità ad adottare ogni misura di protezione possibile per l’intera cittadinanza, misure che ad oggi sono pressoché inesistenti.