Milano, il Cai dice ‘No’ all’offensivo accostamento dei volontari al soccorso alpino

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Ci risiamo. Dopo l’uscita su La Stampa dell’articolo a firma di Baroni (4 gennaio u.s.) che lasciava intendere che il Volontario del Soccorso alpino e speleologico è colui il quale è portato a “lavorare il meno possibile e allo stesso è permesso di restare a casa e intascare regolarmente lo stipendio” (oggi il quotidiano ha pubblicato la lettera di risposta del presidente del CNSAS, Pier Giorgio Baldracco), anche Massimo Gramellini nel corso della puntata di ‘Che Tempo Che Fa’ del 10 gennaio u.s. ha annoverato nella liste dei permessi che consentirebbero furbizie assenteiste, anche i diritti riconosciuti ai Volontari CNSAS dalla legge 18 febbraio 1992, n°162.
Gramellini (che è anche collega di Baroni a La Stampa) lo ha fatto al termine di una ragionamento che parlava di “licenze che non vengono estese a tutti proprio perché molti di quelli che ne hanno diritto ne abusano” e che “vengono utilizzate abusando di diritti sacrosanti”, condannando giustamente l’abuso e non il diritto in sè. Peccato che, nonostante la premessa corretta, citare i benefici di legge per il CNSAS tra gli strumenti a disposizione per eventuali malefatte nella sostanza additi i Volontari tra i possibili ‘furbetti del permessino’. Contro questi ultimi la battaglia culturale, civile e normativa è sacrosanta e la sposiamo in toto, ma vanno fatte le dovute distinzioni.
‘A nome degli oltre 7000 Volontari del CNSAS e e degli oltre 300.000 Soci del Cai – afferma Umberto Martini, presidente generale del Cai – voglio far sentire forte e chiaro il nostro NO a questo accostamento improprio che offende la dignità di chi rischia ogni giorno la vita per prestare soccorso sia ai frequentatori sia alle popolazioni di montagna. Per avere diritto ai benefici di legge l’attività svolta (esercitazione regionale o intervento) – prosegue Martini – deve essere certificata dal Sindaco del comune dove essa avviene. Affermando che i Volontari CNSAS possano abusare di un sacrosanto diritto, potrebbe ingenerare il rischio di suggerire ai telespettatori (e ai lettori ) che centinaia di Sindaci potrebbero essere corresponsabili, o quanto meno leggeri, quando con la propria firma attestano l’attività svolta. Inoltre il CNSAS è in convenzione con il sistema 118, che ingaggia l’intervento del soccorso alpino e speleologico. Tutta l’attività è dunque tracciabile.”
Inoltre una grande quantità di Volontari CNSAS vivendo in zone di montagna, sono piccoli artigiani o liberi professionisti. Come lavoratori autonomi, per gli interventi e per le sole esercitazioni di carattere regionale si percepisce un’indennità a compensazione della perdita della giornata di lavoro, mentre i dipendenti conservano il diritto allo stipendio e al posto di lavoro. L’addestramento dei Volontari del soccorso alpino è costante, e per tutte le attività esercitative di carattere locale non si ha diritto a permessi nè a indennità. Le stesse infatti di norma vengono effettuate in giornate non lavorative. Quando ciò non è possibile, i Volontari si prendono giornate di ferie. “Sono convinto – conclude Martini – che quelle di Gramellini e Baroni siano state sviste in buona fede che possono accadere. Entrambi sono giornalisti seri, come serie sono le testate per cui lavorano. Spero che questa mia serva a riportare le cose nel loro giusto ambito. A Gramellini, e alla trasmissione ‘Che Tempo Che Fa’, chiedo di rettificare l’erroneo inserimento dei benefici ai Volontari del CNSAS, che è una sezione nazionale del CAI, nella lista degli strumenti che consentirebbero possibili abusi da parte di uomini e donne che, lo ribadisco ogni giorno, a qualsiasi ora del giorno e della notte abbandonano ciò che stanno facendo e partono per prestare soccorso. Non farlo sarebbe svilire un pezzo di quell’Italia migliore a cui tutti guardiamo.”

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1 Commento

  1. Nessuno tocchi il soccorso alpino! Togliete la strapaghetta da secondo lavoro a chi turna in elibase e vediamo quanti tra “volontari” e guide alpine si levano casco e imbrago e vanno a casa.

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