Cyborg di Gucci, siamo tutti Frankestein

Modelli con copia loro testa in mano sfilano in sala operatoria

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Siamo tutti cyborg, identità ibride che superano la dicotomia di natura e cultura, maschile e femminile, normalità e diversità. Una divisione artificiale, che il potere usa come strumento di controllo. E’ la tesi del ‘Manifesto cyborg’ della filosofa femminista Donna Haraway, che Alessandro Michele rilegge nella collezione disegnata per Gucci, ambientando la sfilata in una sala operatoria. Qui, tra tavoli asettici e luci livide, una modella apre lo show tenendo in mano la copia esatta della sua testa, sotto gli occhi di ospiti come Donatella Versace e Nick Cave. La testa, che poi torna in scena anche in versione maschile, è un manufatto dalla verosimiglianza impressionante realizzato in sei mesi di lavoro dallo studio Makinarium. Nella collezione disegnata da Alessandro Michele che ha contribuito alla crescita del 41,9% del fatturato di Gucci, il discorso iniziato da qualche stagione, con la contaminazione tra generi, codici ed epoche che sono la cifra dello stilista e del suo stile ibridato.

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