In Italia la minaccia del terrorismo jihadista è «concreta e attuale». Il Paese è infatti «oggetto dell’attività propagandistica ostile di Daesh e continuano a essere presenti nel suo territorio soggetti radicalizzati – tra i quali ‘islamonauti’ italofoni – o comunque esposti a processi di radicalizzazione».
Lo rileva la relazione annuale dell’intelligence presentata oggi a Palazzo Chigi. In particolare, viene segnalato «il pericolo rappresentato dagli estremisti homegrown, mossi da motivazioni e spinte autonome o pilotati da “registi del terrore”». Il 2017 ha segnato il ridimensionamento territoriale del Califfato, che però «potrebbe essere ancora in grado di colpire l’Occidente, e in particolare l’Europa, con attacchi complessi ad opera di cellule ben addestrate». «Quale effetto delle perdite subìte nella roccaforte siro-irachena – evidenzia la relazione – Daesh ha potenziato la propria azione di propaganda a sostegno del jihad individuale, invitando i sostenitori a intensificare ulteriormente gli attacchi sia in Syrak che in altre aree geografiche. Questi appelli hanno provocato iniziative che hanno interessato in modo rilevante anche l’Europa e, più in generale,obiettivi occidentali». I servizi segnalano inoltre la pericolosità di al Qaeda, determinata a riappropriarsi del ruolo di protagonista sulla scena jihadista e ricordano che nel 2017 ci sono stati 18 attacchi terroristici in Europa, la maggioranza in Francia (7) e Regno Unito (5).
Gentiloni: contrastare i rischi di radicalizzazione interna
«Bisogna contrastare i rischi della radicalizzazione interna, con la reazione violenta al disagio sociale e la pratica violenta dell’estremismo politico. C’è libertà di manifestare e non di aggredire e l’intelligence è attenta a che questi fenomeni non sfocino mai nel risorgere del germe dell’eversione interna. Dobbiamo sempre tenere alta la guardia, il rischio non può esser mai dato per superato una volta e per sempre», ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. «Noi – ha spiegato il presidente del Consiglio – siamo i paladini dell’apertura dei mercati e contrari a ogni forma di protezionismo unilaterale: uno dei Paesi più danneggiati al mondo da dinamiche protezioniste sarebbe l’Italia, che ha 47 miliardi di bilancia commerciale in attivo. Esporta in tutto: chiedere dazi e barriere sarebbe farsi del male da soli, occorre difendere i nostri asset strategici».
Occhio a campagne d’influenza sotto elezioni
Occhio anche alle «campagne di influenza che, prendendo avvio con la diffusione online di informazioni trafugate mediante attacchi cyber, mirano a condizionare l’orientamento e il sentiment delle opinioni pubbliche, specie allorquando queste ultime sono chiamate alle urne». L’intelligence parla di «minaccia ibrida» e prevede un aumento di questo tipo di rischi, «specie in prossimità di passaggi cruciali per i sistemi democratici».
Attenzione a destra radicale e derive xenofobe
«La destra radicale ha dimostrato un dinamismo crescente – con la nascita di nuove sigle cui aderiscono soprattutto fasce giovanili – che appare alimentato dal tentativo di gruppi d’area di intercettare le istanze nazionaliste e i sentimenti di insofferenza verso la presenza extracomunitaria». La relazione annuale riferisce anche di «dinamiche il cui potenziale impatto sulla coesione sociale non deve essere sottovalutato. Le tensioni legate alla gestione dei flussi migratori e ai processi di integrazione rappresentano una piattaforma che la destra oltranzista può strumentalizzare anche per propagare messaggi che, rivolti specialmente agli attivisti di nuova generazione, tendono ad accentuare la diffidenza e l’intolleranza nei confronti del “diverso”, con il rischio di derive xenofobe». «Sebbene l’ambiente italiano risulti a tutt’oggi distante da quello di altri Paesi europei – dove è più alta e più organizzata la presenza di militanti neonazisti e maggiore, di conseguenza, il rischio di radicalizzazione delle posizioni anti-immigrazione, specie in chiave anti-Islam – prosegue l’intelligence – aumenta il pericolo di contaminazioni e di forme emulative rispetto a circuiti esteri a più marcata connotazione oltranzista così come quello di azioni xenofobe di forte impatto legate a pur sempre possibili incidenti di percorso nella convivenza con le realtà immigrate, specie in aree e contesti dove sia già presente un diffuso disagio sociale».
«Possibili spinte antisistema dai circuiti anarco-insurrezionalisti»
Sempre alta l’attenzione dell’intelligence per le «possibili spinte anti-sistema, soprattutto per quelle provenienti dai circuiti anarco-insurrezionalisti. Il 2017 ha visto infatti gli ambienti più radicali impegnati nel tentativo di rilanciare l’area sul piano operativo, a seguito dell’operazione di polizia giudiziaria denominata Scripta Manent (settembre 2016) condotta contro i militanti vicini alla pubblicazione Croce Nera Anarchica, accusati di aderire alla Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (Fai/Fri) che ha rivendicato, con l’inedita sigla Cellula Santiago Maldonado (dal nome di un attivista argentino), l’esplosione di un ordigno rudimentale davanti a una Stazione dei Carabinieri a Roma nel dicembre scorso». Nella Relazione sulla politica dell’informazione e per la sicurezza 2017, l’Intelligence italiana fa notare che «campagne aggressive contro la repressione, e in solidarietà con militanti detenuti, hanno riproposto sintonie e sinergie tra ambienti anarchici italiani e omologhe realtà straniere, soprattutto greche e spagnole. L’estremismo di matrice marxista-leninista ha visto ambienti esigui e marginali impegnati a tramandare la memoria della stagione brigatista nella prospettiva di contribuire alla formazione di futuri militanti. Questo anche attraverso la lettura in chiave rivoluzionaria di sviluppi attuali, sia dello scenario internazionale sia di quello interno, a partire dalle vertenze occupazionali». È proseguito l’impegno anarco-insurrezionalista antigovernativo sul tema dei migranti, divenuto prioritario, della lotta alle politiche migratorie e al sistema di accoglienza/gestione dei migranti, spesso collegata anche alla solidarietà con i militanti detenuti. Si tratta di una campagna che va avanti dal 2015 (a seguito della divulgazione sul web dell’elenco delle imprese coinvolte nel funzionamento delle strutture di accoglienza) e che appare destinata a proseguire all’insegna della contestazione contro la nuova normativa in materia di contrasto all’immigrazione illegale». Il fronte antagonista «resta composito, fluido e privo di un percorso comune. Iniziative di contestazione hanno riguardato soprattutto le politiche europee e i temi sociali, quali il lavoro e l’emergenza abitativa. Convergenze tra settori della sinistra antagonista e area anarchica hanno concorso ad animare le proteste sul versante delle lotte ambientaliste. Si è riscontrata una diminuzione dell’interesse dei circuiti anarchici nazionali verso la campagna No Tav, mentre un crescente attivismo comune ha conosciuto quella contro il gasdotto Tap. Seppure declinato in forme diverse, un comune “cavallo di battaglia” si è rivelata la lotta alle politiche migratorie e al sistema di accoglienza e gestione dei migranti, tradottasi tanto in azioni dirette in puro stile anarchico quanto in manifestazioni di piazza».