Moro, nuovamente imbrattato il monumento in via Fani

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Viviamo un momento storico in cui la violenza dello scontro politico si accompagna a manifestazioni varie e diffuse di aggressione e violazione delle regole, legali, civili, e di comune senso del rispetto e dellequilibrio. Il nuovo oltraggio che, arrecato al monumento dei caduti in via Fani, è rivolto nel suo significato a figure politiche e istituzionali, comprese le nostre Vittime in divisa, è lennesimo grave episodio che interviene in un clima reso a tratti irrespirabile da chiari rigurgiti eversivi che, con troppo agio, vengono tradotti in gesti violenti, verbali o fisici, nelle strade, nelle manifestazioni di piazza, ai tavoli di certi convegni o presentazioni di libri, e persino sui media dove non di rado trova spazio chi pensa di poter rendere spiegabile, o peggio condivisibile, laggressione di Vittime che hanno avuto la sola colpa di incarnare il rispetto delle Istituzioni democratiche. Oggi da noi parte lennesimo allarme a non sottovalutare tutto questo.
Così Domenico Pianese, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, nel giorno in cui, è stato nuovamente imbrattato il monumento che ricorda le vittime dellagguato avvenuto in via Fani, quando fa fu rapito dalle brigate rosse il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Sulla stele, che ricorda i nomi dei cinque uomini della scorta uccisi – Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi -, è stata dipinta la sigla BR di colore rosso. Già un mese fa la targa era stata imbrattata e poi ripulita. Sulla base era stato scritto Morte alle guardie ed erano state disegnate due svastiche ai lati con spray nero. La scritta fu poi rimossa prima dellanniversario della strage, quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inaugurato il monumento.
Condividiamo pienamente aggiunge Pianese quanto affermato nei giorni scorsi da Lorenzo Biagi, figlio del giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Nuove Brigate rosse, e rilanciamo in chiave più generale il suo appello a non sottovalutare il pericolo, strisciante ma serio, che può annidarsi in certi contesti di odio profondissimo verso lo Stato e chi lo rappresenta.

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