“La morte del giovane georgiano ospite del Cpr di Gradisca d’Isonzo, al netto delle solite incaute accuse all’operato degli agenti di Polizia, ha acceso i riflettori su una struttura che, a poco più di un mese dalla sua apertura, ha già fatto registrare numerosi incidenti, rivolte e un livello di tensione che tiene gli operatori costantemente in condizioni di massima allerta. Investigatori e magistratura faranno il loro lavoro, che in alcun modo impensierisce i poliziotti intenti a svolgere il proprio dovere con la consueta professionalità, ma ci auguriamo che l’attenzione verso questa struttura non scemi, ma anzi che si concentri ancor di più su quel Centro, senza attendere che si verifichino altri drammi”.
Così Valter Mazzetti (nella foto), Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, dopo la morte del georgiano Vakhtang Enukidze, detenuto al Cpr di Gradisca e deceduto sabato all’ospedale, in circostanze su cui Squadra mobile e Magistratura stanno indagando.
“Nel Cpr – insiste Mazzetti – potenzialmente potrebbe accadere il peggio di continuo, perché si vive una situazione esplosiva, e per gli operatori in carenza di precisi protocolli, senza una standardizzazione degli interventi, in carenza di informazioni sul profilo igienico sanitario, con turni massacranti quando c’è da fronteggiare proteste, rivolte, fughe, risse, che sono continue. Il tenore giuridico promiscuo non aiuta, perché il Cpr ospita irregolari ma anche condannati in attesa di espulsione pronti a tutto pur di evitarla. Sono ristretti ma non detenuti, non di rado dai muri di cinta ricevono oggetti che non dovrebbero avere, ed è capitato che siano stati trovati con armi rudimentali come pezzi di vetro e persino tirapugni. Spesso si feriscono, si aggrediscono l’un con l’altro, si accaniscono sugli agenti, che devono vedersela anche con sputi e schizzi di sangue. Altrettanto frequenti sono gli incendi degli arredi, che oltretutto comportano la momentanea assenza di corrente con conseguenze sulla videosorveglianza, e costringendo gli agenti ad operare al buio. Si potrebbe andare avanti all’infinito nella descrizione di una situazione che i poliziotti del territorio e quelli del Reparto mobile di Padova, impiegati al Cpr, fronteggiano con spirito di servizio, ma che impone interventi per ottenere il massimo livello di sicurezza in un luogo di lavoro, che lo Stato è solerte a pretendere dai privati e deve essere il primo a garantire. Emergono invece troppe incognite e malfunzionamenti logistici, ed eccessive assunzioni di responsabilità in capo a chi, nella catena di comando dell’amministrazione, viene ancora a torto definito come appartenente a un ruolo meramente esecutivo. Urgono regole chiare, informazioni igienico sanitarie precise a tutela della salute, predisposizione di mezzi che ci consentano di lavorare in sicurezza”.