Il governo ha varato il decreto ‘cura-Italia’, con le ultime misure per l’emergenza coronavirus: aiuti per medici, lavoratori, famiglie e imprese;’ Attivati 350 miliardi.
“E’ una manovra economica poderosa: non abbiamo pensato e non pensiamo di combattere un’alluvione con gli stracci. Stiamo cercando di costruire una diga per proteggere imprese famiglie lavoratori”: ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa dopo il Cdm.
“Il governo è vicino alle imprese, i professionisti, le famiglie, alle donne e gli uomini, i giovani che stanno facendo enormi sacrifici per tutelare il bene più alto. Nessuno deve sentirsi abbandonato e questo decreto lo dimostra”, aggiunge Conte. “Abbiamo appena concluso i lavori del Consiglio dei ministri: è un passaggio importante.
“Possiamo parlare di modello italiano non solo per la strategia di contrasto – ha rilevato il presidente del consiglio – ma anche di un modello italiano per la strategia” di risposta economica all’epidemia del Coronavirus.
“L’Ue ci segua – ha detto ancora Conte -. I primi segnali sono importanti. L’Italia promotrice di un messaggio a tutte le istituzioni Ue”.
“Siamo consapevoli che non basterà” il decreto anti-Coronavirus, ha aggiunto ancora, ma “il governo risponderà presente anche domani; dovremo predisporre misure per il tessuto economico e sociale fortemente intaccato” dall’emergenza “con un piano di ingenti investimenti con una rapidità che il nostro paese non ha mai conosciuto prima”.
Fra le novità, 40 milioni alla Rai per fare fronte sia alla parziale sospensione del canone nelle zone rosse sia al “prevedibile rilevante calo degli introiti pubblicitari”. Castelli annuncia “un nuovo decreto nei prossimi 20 giorni, basato sugli sviluppi della situazione”.
LA BOZZA CON LE MISURE
Aiuti per medici, lavoratori, famiglie, imprese. Un’iniezione di sostegno all’economia, subito, da circa 25 miliardi. E finanziamenti mobilitati per 350 miliardi. Eccola la manovra “cura Italia”. Prende forma in un maxi decreto che sarà approvato lunedì in Consiglio dei ministri e nelle limature finali si aggira attorno ai 120 articoli. Nelle ore di allarme massimo per la tenuta del sistema sanitario in Lombardia, il governo si prepara a varare misure – “solo le prime” – per frenare i contraccolpi economici dell’emergenza Coronavirus e per sostenere la sanità: alberghi requisiti, cliniche private a disposizione degli ospedali pubblici, la creazione di fabbriche per produrre mascherine.
“Nessuno sarà lasciato solo”, assicura il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il premier Giuseppe Conte mette in cima alle priorità “far lavorare in sicurezza medici, infermieri e tutto il personale sanitario”: “Siamo strenuamente impegnati” per questo ed è “l’unica cosa che conta”. “Non è il momento”, osserva il presidente del Consiglio, di polemiche come quella della Regione Lombardia contro la Protezione civile. Durissimo il ministro Francesco Boccia: “Serve senso dello Stato” e invece, denuncia, “ci sono avvoltoi che intendono spargere altri virus in un momento così delicato”. Il decreto che il governo si appresta a varare “è solo una prima tappa”, spiega Gualtieri, perché dopo “servirà una fortissima spinta”, anche da parte dell’Europa, per la ripartenza del Paese. Il ministro aveva ipotizzato un primo decreto da 12 miliardi ma sceglie di portare in Cdm un maxi-dl da 25 miliardi, l’intera cifra autorizzata dal Parlamento.
Se l’emergenza si protrarrà – spiega – le misure assunte per il mese di marzo potranno essere rinnovate per aprile. Il governo mobilita finanziamenti per 350 miliardi, una cifra “equivalente” in percentuale del pil ai 550 miliardi della Germania. Ma il ministro fa appello alla responsabilità di tutti: le scadenze fiscali sono tutte rinviate ma “chi ha la possibilità paghi”, per destinare risorse al sistema sanitario. Le misure per la sanità sono in cima al decreto. Arrivano 1,15 miliardi per la sanità e 1,5 miliardi per la Protezione civile. Ci sono fondi per gli straordinari di medici e infermieri, la possibilità per i prefetti di requisire ospedali e altre strutture per le persone in quarantena, il potere per la Protezione civile e per il nuovo commissario straordinario per l’emergenza sanitaria di requisire strutture e mezzi per potenziare i reparti degli ospedali. Il commissario, Domenico Arcuri, potrà fronteggiare la grande carenza di mascherine e di altri macchinari di terapia intensiva anche avviando intere nuove linee produttive. E poi ci sono i sostegni alle imprese, a quelle che si sono fermate e quelle che continuano a lavorare.
Per gli autonomi, inclusi i lavoratori di turismo e spettacolo, arriva una una tantum da 500 euro. Tutte le aziende potranno usufruire di nove settimane di cassa integrazione in deroga. Come annunciato, vengono sospesi i mutui, fino a 18 mesi, per tutti coloro che siano in difficoltà economica, inclusi gli autonomi. Nasce un fondo “di ultima istanza” da 200 milioni per aiutare chi nel 2019 aveva guadagnato meno di 10mila euro e ora a causa del virus si è dovuto fermare. Chi ha continuato ad andare al lavoro a marzo avrà un bonus di 100 euro. Per le famiglie con i figli a casa arrivano congedi speciali retribuiti al 50% fino a 15 giorni o in alternativa un bonus baby sitter da 600 euro che salgono a 1000 euro per medici e tecnici sanitari. Ci sono misure per proteggere i taxisti, i postini. Rimborsi degli spettacoli, sostegno all’editoria. La risposta del governo al probabile crollo del Pil vale anche più di una manovra.
E non finirà qui. Ma la discussione sulle misure va avanti per tutta la giornata, nella maggioranza e con l’opposizione, sentita in teleconferenza sabato notte. Oggi c’è il Consiglio dei ministri, dopo un lunghissimo preconsiglio, la riunione tecnica preparatoria. Il Pd parla di un “primo fondamentale passo”. Ma Italia viva lamenta che c’è troppo poco per autonomi e professionisti. Il governo vorrebbe il sostegno dell’opposizione, in spirito da unità nazionale. Ma la Lega, pur avendo ottenuto il sì a due sue proposte, attacca: il decreto “non risolve veramente le emergenze ma cerca di porvi rimedio senza coraggio. I ritardi sono sintomo di una maggioranza che non dialoga con l’opposizione perché non riesce a dialogare con se stessa”. “Su fisco, lavoro e famiglie non ci siamo”, dice anche Fi: “La bozza va migliorata o interverremo in Parlamento”.